Ad un anno e mezzo dalla adozione da parte del prefetto Salvatore Mulas, il Consiglio di Stato, al termine di un controverso iter giudiziario, ha confermato l’intero impianto dell’informazione antimafia “interdittiva” emessa nei confronti della GRI.KA COSTRUZIONI Srl, impresa specializzata in strutture in cemento armato e storicamente gestita da una famiglia di origine calabrese da tempo stabilitasi in provincia di Verona. Nel provvedimento adottato il 9 settembre 2015 il prefetto aveva rilevato una serie di elementi critici tali da far ritenere la società a rischio di permeabilità da manovre illecite dirette dalla criminalità organizzata.Tanti gli elementi al tempo valutati nel corso dell’istruttoria: dall’episodio in cui l’allora titolare Giuseppe GRISI venne ucciso in una sparatoria a Crotone insieme al fratello Alfredo, alla contiguità di molteplici componenti della famiglia con soggetti appartenenti alla cosca GRANDE ARACRI; dai plurimi elementi di continuità nella governance della società (anche dopo l’omicidio del suo titolare), al coinvolgimento in procedimenti penali inerenti il sistema delle fatturazioni per operazioni inesistenti. Ciononostante, in un primo tempo, il provvedimento interdittivo emesso dalla Prefettura di Verona era stato annullato dal TAR di Venezia in sede di ricorso amministrativo proposto dalla società. Invece il 2 febbraio, il Consiglio di Stato, ha accolto in pieno l’appello presentato dalla Prefettura. L’importanza della centralità della figura di Francesco Frontera e del sistema delle false fatturazioni è ancor più apprezzabile oggi, in considerazione, della recentissima operazione della DDA di Venezia, nata sulla scorta delle citate indagini della Guardia di Finanza di Verona ed eseguita dalla DIA di Padova, con la quale l’imprenditore calabrese, insieme alla moglie ed un altro complice, è stato colpito da misura di custodia cautelare per aver gestito un sistema di fatture false o gonfiante, costringendo con la violenza altri imprenditori a parteciparvi. P. R.