La Corte d’Appello di Venezia, Sezione Seconda Penale ha assolto perché “il fatto non sussiste” don Silvano Corsi, cappellano del Cimitero di Verona, così accogliendo l’appello proposto da don Silvano contro la sentenza emessa il 26 febbraio 2015 dal Giudice per l’Udienza preliminare di Verona che lo aveva condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 300 euro, per il grave reato di tentata estorsione ai danni di una ditta di onoranze funebri di Verona.
Infatti, era stato contestato a don Silvano Corsi di “aver compiuto mediante minaccia, atti diretti in modo non equivoco a farsi consegnare somma di danaro pari a cifre non inferiori ad € 10 o 20 per la celebrazione di ciascun funerale ovvero per la benedizione delle ceneri, dalla segretaria della citata società di Onoranze Funebri, ovvero da personale della citata società, per procurarsi un ingiusto profitto”.
Il tutto era nato nell’anno 2013, perché don Silvano, al solo fine di indennizzare due diaconi provenienti da fuori Verona – che, in sua assenza, si prestavano a benedire le salme o le ceneri, sopportando in prima battuta le spese per la benzina delle loro vetture – aveva richiesto a più riprese alla società di pompe funebri anzidette il versamento di 10 euro per poter compensare le spese per il carburante anticipato dai due diaconi.
Dopo queste reiterate richieste di don Silvano, un’impresa funebre aveva denunciato i fatti al vescovo di Verona, di fronte al quale don Silvano e i suoi denuncianti nel luglio 2013 erano stati chiamati per trovare una soluzione pacifica della vicenda, che in effetti era stata accettata.
Solo che l’impresa di pompe funebri a fine agosto 2013 denunciò don Silvano alla Guardia di Finanza.
Da qui ne scaturì la pesantissima imputazione nei confronti di don Silvano, il quale, su consiglio dei suoi difensori, avvocato Lorenzo Pilon di Padova e avvocato Francesco Delaini di Verona, richiese di essere giudicato con rito abbreviato.
Il Giudice per l’Udienza Preliminare di Verona ritenendo tra l’altro sussistere un contrasto del rapporto tra diritto canonico e diritto ordinario circa l’applicazione del contenuto del canone 222 del Codice di Diritto Canonico che confliggerebbe con l’ordinamento statuale, emise la pesante condanna contro don Silvano. La sentenza del giudice veronese è stata appellata nel lontano 2015 dai difensori di don Silvano e, finalmente, dopo sette anni, il 25 gennaio ’22 la Corte d’Appello di Venezia, Sezione Seconda Penale, stante il fatto che don Silvano non ha accettato l’avvenuta prescrizione del reato, ha accolto in pieno l’impugnazione degli avvocati Lorenzo Pilon e Francesco Delaini, mandando assolto don Silvano Corsi con la formula assolutoria più ampia “perché il fatto non sussiste”.