“Ma voi lascereste uscire vostra figlia assieme a uno dei terribili Rolling Stones?”

Un cambio di programma all’ultimo minuto, un tempio della musica e dei ragazzi con coraggio e talento. È stato questo il debutto dei Rolling Stones, oggi considerati al quarto posto nella classifica dei cento migliori artisti di tutti i tempi (secondo la rivista “Rolling Stone”).
Ammessi nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1989 e nella UK Music Hall of Fame nel 2004, i Rolling Stones hanno venduto più di 250 milioni di copie, hanno pubblicato trentacinque album in studio, diciotto dal vivo e contano fan in tutto il mondo.
Ma torniamo al grande debutto live: il 12 luglio 1962 un gruppo blues doveva esibirsi al Marquee Jazz Club di Londra, però non riuscì a presentarsi all’evento per via di un’intervista con la BBC. Il chitarrista del gruppo, quindi, consigliò al manager del locale di far suonare sei dei loro fan più accaniti: Brian Jones, Mick Jagger, Keith Richards, Dick Taylor, Ian Stewart e Mick Avory. Questi giovani decisero solo il giorno prima dell’esibizione di presentarsi con quello che oggi è il celebre nome “Rolling Stones”, che – due anni dopo – diventò anche il titolo del loro primo disco, uscito il 16 aprile 1964.

Fin dagli albori, è evidente il fascino che il rock’n’roll, l’R&B e il blues elettrico americano esercitano sulla band. Il primo disco contiene, infatti, diverse cover dei loro idoli: di dodici tracce, nove sono cover. Già negli anni che hanno preceduto la divulgazione di questo primo disco, i giovani Rolling si erano cimentati in diversi remake, guadagnandosi rispetto e successo.

La copertina di “The Rolling Stones” è la prima nella storia del rock a presentare solo la foto dei membri del gruppo, senza ulteriori scritte. La band vanta un’aurea di trasgressione, che fomenta il mito del fascino del proibito. Non per niente la stampa ripete spesso lo slogan “Lascereste uscire vostra figlia con un Rolling Stones?” e loro vengono presentati come la versione cattiva dei Beatles (che ammirano profondamente) ). Incarnano il motto sex, drugs and rock’n’roll, si schierano contro il perbenismo dell’apparenza e sono passati alla storia come il gruppo di londinesi ribelli per antonomasia.


“Al massimo, canteremo fino al 1972”

Nel primo disco sopracitato, le canzoni inedite sono tre: Now I’ve got a witness, Little by little e Tell me. Le prime due sono firmate da Nanker, uno pseudonimo che indica la band intera. L’ultima, invece, è stata scritta da Jagger e Richards.
Nonostante le altre tracce siano un’emulazione di brani precedentemente esistenti, i Rolling Stones sono in grado di impregnare ogni pezzo con la loro peculiare unicità. I suoni risultano incisivi, personali e decisi, così come le loro figure si impongono nel mondo della musica: in modo quasi aggressivo, stupefacente ed eversivo. I Rolling danno voce allo scontento degli anni che li vedono crescere e meritarsi la loro fama mondiale, che perdura ancora oggi.
I Rolling Stones, infatti, nonostante i cambiamenti con i quali hanno dovuto fare i conti, rispondono ogni giorno alla loro vocazione musicale e continuano il loro percorso.
Anni fa scrivevano “Time waits for no one” eppure loro sono ancora qui e proprio quest’anno, nel 2020, hanno rilasciato un singolo a sorpresa intitolato Living in a ghost town. Pare che la longevità del gruppo sia una sorpresa anche per loro, se si pensa a due emblematiche citazioni di Jagger, che nel 2006 ha dichiarato “Ai Rolling Stones dò altri due anni al massimo” e nel 1972 “Quando arriverò a trentatré anni smetterò. Quella è l’età in cui uno dovrebbe fare qualcos’altro. Non potrei sopportare di finire come Elvis a cantare a Las Vegas con le casalinghe e le vecchiette che arrivano con la busta della spesa”.

Elettra Solignani