Il controllo del tempo è uno strumento potente e rivelatore sul modo che un’epoca ha di pensare se stessa. Con il nascere della moderna scienza storica, la definizione delle epoche che ogni persona occidentale ha in mente senza ben sapere quando l’ha appresa, e considerandola quasi un dato naturale, è stata messa in discussione.
Universalmente nota è la distinzione, ad esempio, tra Medioevo e Rinascimento, una distinzione che permea le nostre menti tanto quanto il nostro modo comune di esprimerci, al punto che questi termini sono diventati paradigmatici: il Medioevo è sinonimo di oscuro, arretrato, superstizioso, mentre il Rinascimento è un’età luminosa.
I primi responsabili di questa distinzione sono gli stessi umanisti che, a partire dal Quattrocento, sulla scia della riscoperta di testi antichi e dell’approfondimento delle lingue latina e greca, hanno bollato la propria età come età della rinascita delle humanae litterae, intendendo con questo non solo il ritorno in auge di testi talvolta dimenticati, ma anche di un’etica, di una scala di valori associati alla classicità.
Ciò che spesso si omette di ricordare, tuttavia, è che il Rinascimento artistico, architettonico e letterario fu possibile anche – e forse in prima istanza – grazie alla ripresa economica seguita alla fine del XIV secolo; il perché questa ripresa si sia verificata è però inquietante.
Il Medioevo, lungi dall’essere un’epoca arretrata e oscura – basti pensare alle meraviglie architettoniche del romanico, o a opere di letteratura come la Commedia di Dante –, fu un’epoca di espansione, soprattutto demografica. A un dato momento, le risorse iniziarono a scarseggiare, e fu l’avvento della peste che a più ondate sconvolse l’Europa nella seconda metà del Trecento a decimare a tal punto la popolazione da rendere possibile, una volta terminato il disastro, una redistribuzione delle ricchezze divenute, a quel punto, sovrabbondanti. Anche recentemente si è parlato, nel dibattito pubblico, di nuovo Rinascimento, come prospettiva per l’uscita da una crisi pandemica, senza contezza del significato profondo di questa espressione. Definire un’epoca a posteriori, spesso sbagliando, come indica il caso di Medioevo e Rinascimento, è un atto con il quale un determinato periodo storico tenta di legittimare se stesso, di definirsi tramite un difficile distacco dal presente.
Ogni storico sa che è quasi impossibile storicizzare l’epoca nella quale si vive, e definire se stessi moderni e avanzati – come si fa inconsciamente – non è altro che tentare di giustificare la propria esistenza nella storia supponendo che essa sia permeata da un progresso che, dopo un’epoca che sarà quasi sicuramente più buia dell’attuale, dia una ragione alle azioni umane. Alla base vige l’idea che esista un progresso nella storia, un’idea che vale la pena esaminare, e di questo più oltre.
EffeEmme