La popolazione italiana, non solo quella veronese, è sempre più anziana, l’aspettativa di vita si allunga, la terza età comincia ormai a 70 anni, ma siamo il Paese meno attrezzato in Europa (peggio di noi solo la Polonia) per accogliere gli anziani non autosufficienti. Nel nostro Paese, secondo i dati Istat 2021 ripresi da Will media, ci sono 3,8 milioni di anziani non autosufficienti, ovvero con una grave riduzione dell’autonomia nelle attività quotidiane.
L’invecchiamento progressivo degli italiani è nelle statistiche e confermato da tutte le previsioni demografiche. Secondo il rapporto Svimez 2024, le previsioni al 2080 dicono che la popolazione con più di 75 anni aumenterà al nord di quasi il 7%, del 9% al Centro, e al Sud di quasi il 13%.
E’ evidente che questo invecchiamento farà progressivamente crescere i bisogni di una grande fetta di cittadini, generando un aumento di richiesta dei servizi che già ora si dimostrano precari. Solo tramite personale, strutture e quindi finanziamenti adeguati sarà possibile fronteggiare questa crisi demografica. Dovrebbe essere la priorità in testa all’agenda della politica e della pubblica amministrazione, invece è spesso in fondo all’elenco, quasi residuale, comunque un fastidio rispetto ad altri investimenti ritenuti più urgenti, vedi le superstrade o tutto quanto produce profitto. L’assistenza agli anziani non produce profitti né incassi, ma è una spesa sociale.
E per questi capitoli di bilancio, non ci sono soldi.E infatti le strutture che abbiamo a disposizione e i posti letto non bastano. Per ospitare e accogliere gli anziani non autosufficienti esistono le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) che garantiscono interventi per migliorarne l’autonomia, promuoverne il benessere o prevenire e curare le malattie croniche. In una inchiesta del novembre scorso, la Cronaca di Verona scriveva che erano 1600 gli anziani in lista d’attesa nella nostra provincia per entrare in un Rsa.
Anziani in attesa cresciuti da 1600 a 1700
Ora, dicono i sindacati che promuovono un convegno per domani alle 15 all’hotel San Marco di via Longhena, sono saliti a 1700.
E’ un problema soprattutto di priorità, oltre che di finanziamenti. Era stata ventilata la proposta, poi ritirata, di recuperare risorse inserendo l’addizionale Irpef regionale, ipotesi poi scartata anche se vista con favore dagli addetti ai lavori che si occupano tutti i giorni di questi problemi e a fronte anche delle alte rette che le famiglie devono pagare: se in convenzione sono almeno 2mila euro al mese, senza convenzione si arriva a 3 mila.
La Regione afferma di avere un piano per incrementare di 700 posti letto le strutture per gli anziani, ma dove, come e con quali soldi non è ancora chiaro.
Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Pd: “I dati diffusi dalle organizzazioni sindacali sulle case di riposo nel veronese, con ben 1.700 persone in lista d’attesa e tassi di invecchiamento della popolazione che sono i più alti a livello regionale, confermano un allarme che già avevamo lanciato alla Giunta regionale chiedendo risorse cospicue in sede di bilancio”.
Secondo la consigliera dem “La nuova programmazione non copre il fabbisogno perché tarata sul 2021, quando la lista d’attesa era a quota 579. Ora, oltre al boom di domanda, c’è l’aggravante che molti posti letto non verranno attivati per mancanza di personale. I 100 milioni che abbiamo chiesto a bilancio per le Rsa erano proprio dovuti a questo scenario”.
Il problema, aggiunge, è che “la riforma del settore, attesa da anni è la via maestra per riadeguare tutto il sistema alle nuove necessità e all’evoluzione di un quadro dove si assiste ad un accesso nelle strutture sempre più avanzato nel tempo, e dunque con casi sempre più numerosi di non autosufficienza e cronicità”.
“Servono forti investimenti nelle politiche regionali”
“Questo -aggiunge Bigon – implica un rafforzamento del monte ore di assistenza e ovviamente in termini di personale, anche specialistico”.
Sul fronte opposto interviene il consigliere regionale di Forza Italia Alberto Bozza, ma l’analisi è molto simile: “I dati sono impietosi. E confermano che negli ultimi dieci anni probabilmente è mancata una certa attenzione a tutti i livelli, quello statale, ma anche nelle politiche socio-sanitarie regionali. Invece è più che mai necessario e urgente un grande piano d’investimento, sia per consentire lo scorrimento delle graduatorie dei posti letto nelle Rsa, che il rafforzamento degli organici, in particolare degli Oss; occorre anche potenziare l’assistenza domiciliare e diurna per le non autosufficienze meno gravi”.
“La popolazione -prosegue Bozza -è destinata a invecchiare e, se non si agisce, il trend attuale, già di per sé drammatico, è destinato a peggiorare. Il tema dirimente sono le risorse pubbliche da immettere nel sistema”.
A questo proposito, dice Bozza, “la Regione su basi oggettive dimostrabili può intervenire anche nei confronti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, segnalando la necessità di adeguare il Piano Nazionale per la Non Autosufficienza”. Il fatto è che proprio questo piano nazionale non è stato adeguato.
Bozza sottolinea che “il problema riguarda innanzitutto l’assistenza agli anziani, quindi la loro salute e dignità, ma anche la vita delle loro famiglie, che devono sopperire con sacrifici sia economici che di ordine sociale ed esistenziale alle carenze del sistema”.
Capitolo a parte merita il tema del costo delle rette delle case di riposo, non coperte dal livello economico delle pensioni degli ospiti anziani:
Bozza ricorda “gli sforzi delle strutture per calmierarle o comunque non aumentarle, ma le stesse Rsa sono alle prese con l’aggravio degli oneri sui loro bilanci. Sia a livello statale che regionale occorre in primis aiutare le Rsa a ridurre questi costi. Io in Regione ho fatto votare una proposta di legge statale per ridurre l’Iva sui costi energetici e l’auspicio è che il Parlamento la possa prendere in esame. Certamente bisogna partire da provvedimenti di questo genere”.
Over 65, il 28,4% non è autosufficiente
Premesso che a livello nazionale non esiste una definizione unitaria di cosa significa essere non autosufficiente perché mancano linea guida e ogni Regione italiana usa propri strumenti per individuare il bisogno ed erogare i servizi, come affermano i sindacati, in Veneto “si calcolano 328.045 anziani non autosufficienti, il 28,4% degli over 65. A Verona il numero dei non autosufficienti è stimato in 60.199 persone, il 28,4% della popolazione over 65”.
Detto questo, qual è l’offerta in Veneto?
“L’offerta di servizi residenziali e semiresidenziali in Veneto ammonta ad appena 34.218 posti letto”, rivelano Cgil, Cisl e Uil, suddivisi in 382 strutture di cui 143 pubbliche che contano un totale di 17.199 posti pubblici. Il resto è in convenzione. Dei 34.218 posti letto disponibili, 24.497 sono attrezzati per accogliere anziani non autosufficienti con ridotto bisogno assistenziale; 5.818 per anziani non autosufficienti con maggiore bisogno assistenziale; ci sono 1.729 posti in strutture diurne per non autosufficienti e 145 posti in sezioni ad alta protezione Alzheimer. Una recente ricerca di Ires Veneto ha calcolato un fabbisogno di posti letto pari a 51.232″.
Siamo dunque ben lontani da una risposta assistenziale sufficiente ed efficace.
Nel Veronese non stiamo meglio. Nel territorio dell’Ulss 9 i posti letto accreditati sono 5.495, suddivisi tra 19 Ipab pubbliche e 52 strutture a gestione privata accreditata di cui 42 appartenenti all’area del Terzo Settore (34 fondazioni, 6 cooperative sociali, 2 associazioni di volontariato).
La nuova programmazione regionale intende portare i posti letto a 6.197.
LISTA DI ATTESA. In graduatoria giacciono le richieste di 1.486 persone (dato del 2021,ma sei mesi fa erano 1600 e ora sono diventate circa 1.700). Ben 606 richieste però presentano un punteggio inferiore al minimo richiesto di 80: si tratta di persone anziane che hanno fatto richiesta “perché sul territorio non trovano un’offerta a loro calibrata (assistenza domiciliare, strutture sociali, comunità alloggio, appartamenti protetti).
“D’altra parte – osservano i sindacati- il sistema lascia esclusi 305 anziani in graduatoria con punteggio molto alto, tra gli 80e i 100 punti, indicativo di disabilità gravissima”.
COSTI. Ma quanto costa per una famiglia? Con l’impegnativa, la retta media annua è di 23.312 euro/anno. Senza impegnativa, la spesa media è di 32.057,95 euro/anno. Considerato che la pensione media oggi a Verona è di 1.187,78 euro (1.597,88 euro per gli uomini e 841,99 per le donne), l’anziano è in grado di coprire, in media, poco più della metà del costo di una retta con impegnativa.
PROPOSTE. Quali sono le proposte allora per uscire da questa situazione? Il sistema è evidentemente carente e in grave disequilibrio.
E la burocrazia rende tutto più difficile
E’ necessario, proseguono le proposte dei sindacati, adeguare il numero di posti letto per anziani non autosufficienti; adeguare il numero di impegnative di residenzialità alla totalità di posti letto disponibili; modulare l’importo delle impegnative in base al grado di non autosufficienza; aumentare i posti e le impegnative di residenzialità per gli anziani con patologie dementigene e alzheimer; garantire una quota equa a carico dell’ospite, con rette parametrate alla condizione economica; potenziare i centri diurni per non autosufficienti come risposta alternativa e/o complementare alla residenzialità; ridefinire gli standard di personale, aumentando i minuti di assistenza.
ISTITUTO ANZIANI “Ci sono vari problemi su più fronti”, interviene il presidente dell’Istituto assistenza anziani Franco Balbi che spiega: “Innanzi tutto si sente l’esigenza di un coordinamento tra tutti i soggetti che si occupano anziani; inoltre ci si augura che sia breve la fase di transizione nell’Ulss9 per poter affrontare le questioni irrisolte nei rapporti con le case di riposo. C’è poi l’aspetto della burocrazia che rallenta l’efficacia dei provvedimenti”.
Il presidente Balbi cita un esempio: l’istituto assistenza anziani da fine 2003 ha l’autorizzazione da Azienda zero per aprire un hospice per 14 posti letto ma non abbiamo ancora la convenzione con la Regione perché le convenzioni sono sospese. Perché? Per questione di fondi? Come si può sostenere l’offerta attuale per anziani non autosufficienti se tra rette e costi da sostenere siamo già in difficoltà?”
M. Batt.