L’uomo e la tecnica, chi vince? Si tratta di un rapporto alla pari o una prevalenza dell’uno sull’altra e viceversa? Sarà la lectio magistralis del professor Umberto Galimberti a fare chiarezza interrogandosi sull’evoluzione e l’influenza della tecnica sulla vita delle persone e dell’ambiente in cui viviamo. L’Ordine degli Architetti e l’Ordine degli Ingegneri di Verona, nell’evento conclusivo delle celebrazioni dei 100 anni dalla loro istituzione, organizzano giovedì 25 gennaio alle 17 l’incontro dal titolo “I 100 anni degli Ingegneri e degli Architetti”, nella sala M15 in Via Santa Teresa 2 (Verona) nella sede Ordine degli Architetti scaligeri.
“Le nostre professioni sono state influenzate negli anni dalla tecnica. Gli approcci di progettazione, la realizzazione delle opere ed i nostri strumenti di lavoro si sono adattati allo sviluppo tecnologico – affermano Matteo Faustini e Matteo Limoni, rispettivamente presidente dell’Ordine degli Architetti e dell’Ordine degli Ingegneri di Verona e provincia.
Come afferma il filosofo Umberto Galimberti però “siamo tutti scarsamente consapevoli della trasformazione che subisce l’uomo nell’età della tecnica, perché continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l’ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità e dell’efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell’uomo alle esigenze dell’apparato tecnico”.
“Abbiamo voluto concludere gli eventi celebrativi dei cento anni dalla costituzione degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti veronesi con un incontro importante come la lectio magistralis di Umberto Galimberti poiché siamo molto attenti e sensibili a tutto ciò che influisce sull’evoluzione della professione. Nel progresso, la tecnica riveste un’importanza fondamentale. Le nostre professioni intellettuali possono essere sopraffatte dallo stesso sviluppo tecnologico di cui siamo attori, basti pensare all’intelligenza artificiale che rischia di omologare la professione, togliendone la creatività e l’anima, per rincorrere solo l’efficacia e l’efficienza. Si pone quindi una riflessione di carattere etico” concludono Faustini e Limoni.