L’ultima lettera di Moro alla moglie Accadde ieri: il 9 maggio 1978 muore il grande statista, vittima delle Brigate Rosse

9 Maggio 1978, muore Aldo Moro, politico, giurista, accademico, Ministro in molti governi e ben cinque volte Presidente del Consiglio dei Ministri. È ricordato per aver contribuito alla fondazione della Democrazia Cristiana, partito di cui è diventato segretario nel 1956 e presidente nel 1976. Nella storiografia scolastica, e non solo, viene studiato per la sua grande capacità politica, la quale, ha portato al conosciuto “compromesso storico”: il riavvicinamento della DC al partito comunista italiano. A sancire questo patto, Aldo Moro e Enrico Berlinguer. Indelebile, fissa nei ricordi di chi ha vissuto quegli anni, la foto dei due statisti che si stringono la mano in segno di cambiamento, di unione delle forze per portare l’Italia verso una politica nuova.
Sulla morte del politico nato in provincia di Lecce, una cosa è certa: a rapire, torturare e lasciare nel baule del bagagliaio della Renault 4 rossa, abbandonata in via Caetani a circa 150 metri dalla sede del P.C.I. e da Piazza del Gesù, sede della D.C., sono state le Brigate Rosse, ma Moro stesso, in un suo discorso, affermò “vi è forse, nel tener duro contro di me, un’indicazione americana e tedesca?”, questa citazione, per testimoniare quanto quegli anni fossero delicati dal punto di vista politico, tanto nazionale quanto internazionale.
Un’altra considerazione dello storico politico democristiano, dimostra quanto egli sentisse già negli anni ‘70 un forte sentimento politico di appartenenza all’Europa e questo è facilmente palpabile nella seguente frase “Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo.”.
Per quanto riguarda, invece, i momenti prima di morire, Moro scrisse una lettera alla moglie, che recita:
“Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione.
Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli.
Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso.
È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato.
Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere sempre tra voi”.
Christian Gaole