Quarantadue anni dopo ecco un altro pezzo di verità. “E non è ancora finita”, grida Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage del 2 agosto 1980. Erano le 10.25 quando 23 chili di esplosivo fecero 85 croci e oltre 200 feriti. Il più grave attentato terroristico italiano, secondo in Europa solo alla carneficina del 2004 alla stazione di Atocha, Madrid, 191 vittime. Una “strage di Stato” organizzata e finanziata (1 milione di dollari) dalla P2 e dal gran maestro venerabile Licio Gelli e portata a termine dai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini e Paolo Bellini (i primi tre con condanne definitive, gli ultimi due condannati in primo grado all’ergastolo). “E ora – chiosa l’Associazione – tocca agli altri presunti responsabili dell’attentato e dei successivi depistaggi, coperti dai Servizi segreti deviati”.
Oggi, 42 anni dopo, c’è un altro pezzo importante nel puzzle costellato da falsità, depistaggi, accuse. E quel pezzo è arrivato il 6 aprile scorso con il tribunale bolognese che ha condannato al ‘fine pena mai’ quello che la Procura generale ha sempre definito il “quinto uomo” dell’orrore: l’ex primula nera, Paolo Bellini, il killer di Alceste Campanile, che proprio in questi giorni è tornato a tuonare in una lunga intervista a Reggio Report dove ribadisce la sua estraneità con i fatti di Bologna.
Ma il tredicesimo processo sulla strage, è passato alla storia come quello sui mandanti, perché oltre alle tre condanne – il quarto imputato, morto due anni fa, era Quintino Spella, ex generale del Sisde, depistaggio – ha messo per la prima volta nel mirino non solo gli esecutori materiali, ma anche i finanziatori.
Dal venerabile della P2 Licio Gelli fino al potente prefetto capitolino, Federico Umberto D’Amato, poi il braccio destro di Gelli, Umberto Ortolani, e il missino ed ex direttore del Borghese Mario Tedeschi (tutti sono deceduti). In autunno sono attese le motivazioni.
Già notificate, con l’Appello fissato per la primavera prossima, quelle relative alla condanna all’ergastolo del ‘nero’ Gilberto Cavallini, oggi 69enne e in semilibertà (tutti liberi invece Mambro, Fioravanti e Ciavardini) arrivata il 9 gennaio 2021 dopo sei ore di camera di consiglio. E a far cambiare idea ai giudici, non sono bastate nemmeno le ultime dichiarazioni spontanee fatte quella mattina dall’imputato: “Sono pentito di tutto ciò che ho fatto – disse Cavallini –, ma non di ciò che non ho commesso. Come la strage di Bologna. Perché a Bologna non siamo io, Francesca, Valerio e Luigi a dover abbassare gli occhi…”.
Ma per i parenti delle vittime non è finita qui. “Puntiamo ai politici – chiosa Bolognesi – e a tutti coloro che hanno coperto gli stragisti”.
Verona non dimentica Davide Caprioli
C’era anche Verona, come ogni anno, a ricordare Davide Caprioli, vittima veronese, assieme alle altre 84 vittime innocenti di una delle stragi più vigliacche della storia. Come tante altre vittime, Davide Caprioli stava rientrando dalle vacanze e si trovava nella stazione di Bologna in attesa del treno che lo avrebbe riportato, insieme alla fidanzata Ermanna e alla madre di lei, a Verona. Davide era studente universitario nell’allora facoltà di Economia e Commercio di Verona.
Per commemorare Davide Caprioli, e con lui tutte le vittime della strage di Bologna, il rettore dell’università di Verona, Pier Francesco Nocini, lo scorso anno ha accolto la proposta del Consiglio degli Studenti, con approvazione del Senato accademico, di dedicargli un murale, esposto nell’atrio del polo umanistico con accesso dal Chiostro San Francesco.
A rappresentare la città di Verona e a testimoniare il dolore era presente l’assessore Jacopo Buffolo che ha rappresentato il Comune con il Gonfalone della città.
Domenica scorsa, invece, la 41esima edizione della staffetta “Insieme per non dimenticare” avevafatto tappa a San Giovanni Lupatoto, nella zona della vecchia torre dell’acquedotto. La manifestazione sportiva-commemorativa era partita il 29 luglio dal confine del Brennero, percorrendo la statale 12 fino a Bologna, passando anche, con una leggera deviazione, per la provincia veronese.
Verona non dimentica Davide Caprioli e le altre vittime della tragedia, per la quale ancora sono in corso indagini, processi, condanne. E partecipare è la maniera migliore di dimostrare che nessuno, qui e in ogni altra città, vuole dimenticare.