Lo Smilzo, Anna e l’amore. Poi, il rumore della felicità “E’ un regalo, non dipende dall’essere o no un bravo portiere”

“Il giorno prima della felicità” di Erri De Luca (2009, Feltrinelli)

Se la libertà uno se la deve guadagnare, la felicità no, quella è un regalo e non dipende dall’essere un bravo o un cattivo portiere.
Almeno così la pensa lo Smilzo, un orfano cresciuto nella Napoli degli anni ’50, con la protezione di Don Gaetano, uomo tuttofare del grande caseggiato in cui entrambi vivono, uomo che legge i pensieri della gente. Come ci si permette di nominarla, la felicità, senza conoscerla?
Suona svergognata in bocca allo Smilzo, come quando uno si vanta di conoscere una celebrità e la chiama col solo nome. Dice Marcello, per indicare Mastroianni. E cosa capita il giorno prima della felicità? Una partita a carte, un libro restituito, un naso rotto per difendere la porta da un goal, “questioni di onore e di guapperia”.
Certo è che la felicità giunge come agguato improvviso. Per lo Smilzo combacia con il ritorno inatteso di Anna, ora diciottenne. Anna, che lui ha imparato a conoscere, contemplandola attraverso le finestre del terzo piano, quando entrambi erano solo bambini. Anna che, diventata donna, lui non se la ricordava così bella, così sfrontata, raccolta, un poco ammaccata, come una che arriva da un viaggio.
Il loro bacio non è il primo bacio, è forse il millesimo di quelli aspettati. E somiglia quasi ad una violenza la foga con cui Anna possiede lo Smilzo. Come fosse cosa sua. La felicità quando arriva, fa rumore. Da lei dipendono i giorni prima e quelli dopo, il nostro sì a tutto. Ci pensa poi il mare a pareggiare i conti.

Giulia Tomelleri