Lo aspettavano tutti, come sempre. Magari con qualche battutaccia, “perché Jason è sempre il solito”. Jason Mayelè era spesso in ritardo. Il penultimo, se gli andava bene. Più spesso l’ultimo. Qualche volta la multa gliela abbonavano, per via di un’allegria contagiosa. Rideva sempre, la vita come un gioco, per lui che veniva dal Congo e prima di arrivare al Chievo era passato dal Cagliari. Aveva il numero 30, Jason. “Era come se fosse sempre stato con noi” dice sempre Gigi Delneri, che l’aveva voluto per dare il cambio alle “frecce nere”, Manfredini ed Eriberto. E Mayelè s’era fatto largo, era il primo cambio, buona tecnica, corsa, forza fisica. “Dov’è Jason?” si chiedevano tutti.
Jason non arrivò mai, quella mattina. Era il 2 marzo del 2002. Lo aspettavano nella vecchia sede di corso Milano, pullman già acceso per partire destinazione Parma. La sua corsa finì, non s’è mai capito perché, contro un albero sulla Gardesana, poco prima di Bussolengo. Veniva da Veronello, forse correva, forse una distrazione, un malore, chissà… La sua macchina sbandò sulla sinistra, travolse anche una vettura che arrivava in senso contrario. Jason morì sul colpo, come la signora Recchia. “Un incidente”. La notizia gelò la squadra, sul pullman. “Jason ha avuto un incidente”. Tutti capirono che non l’avrebbero più rivisto. Né avrebbero rivisto il suo sorriso. La sua allegria. Le sue corse. La sua voglia di vivere. Son passati diciott’anni, da quel giorno. Jason continua ad essere nel cuore del Chievo. La sua maglia ritirata per sempre. Su quell’albero, a sinistra un po’ prima di Bussolengo, ci sono sempre fiori gialloblù. E in curva, quello striscione per lui.