Cosa significa “relativismo culturale”? Usualmente, con questa espressione si intende un atteggiamento che tende a riconoscere l’assenza di un metro assoluto della validità etica o dogmatica di determinati eventi, convinzioni, azioni.
È chiaro, però, che un atteggiamento teorico di questo tipo presenta dei rischi, in quanto, se applicato integralmente, può indurre a giustificare, se non le pratiche stesse, assai distanti dall’orizzonte culturale dell’osservatore, certamente la loro esistenza.
D’altra parte, un moderato relativismo è alla base di ogni forma di pacifica convivenza, anche della più quotidiana, in quanto permette di evitare quello che sarebbe un conflitto perenne tra punti di vista, abitudini e opinioni differenti. Oppure, il relativismo, più genericamente inteso, è un prodotto di un determinato tipo di riflessione teorica e filosofica che vede in esso l’unica possibilità non tanto – e non solo – per preservare la compagine sociale, ma anche proprio in quanto unico sbocco etico possibile per una ragione che è di per sé debole.
Un esempio forte in questo senso è fornito da Michel de Montaigne, il quale, nei suoi Essais, compie un passo deciso in direzione dello scetticismo per sostenere, appunto, la costitutiva insufficienza della ragione umana.
Alcuni risvolti di questa riflessione sono notevoli: in alcuni saggi dell’opera, tra cui quello relativo ai cannibali, Montaigne propone un rovesciamento della prospettiva, immaginando la reazione sconcertata di un selvaggio che giungesse in Europa e si trovasse di fronte ai costumi e agli usi dell’epoca, che Montaigne ritiene fatalmente corrotti.
L’etica del selvaggio è più vicina alla natura, non compromessa dalla civiltà, come testimoniato in senso forte dal fatto che il selvaggio vive nudo, senza coprire ciò che la natura ha inteso tenere scoperto.
Da questo punto di vista, il cannibalismo non è certo peggiore, agli occhi di Montaigne, delle guerre fratricide che attanagliano l’Europa del suo tempo, dove lo scontro religioso e politico induce precisamente a operare scissioni e fratture apparentemente insanabili.
L’esercizio di relativismo, di rovesciamento della prospettiva, per come attuato da Montaigne, certamente non implica l’assunzione totale del modo di vivere dell’altro, né, in senso proprio, una sua approvazione incondizionata; è certo, tuttavia, che esso permette, talvolta, di comprendere, e comprendere è la base per accettare o rifiutare in modo pienamente consapevole.
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