Classe 1965, laurea in psicologia all’Università di Padova, dal 1995 al 1999 in servizio presso l’azienda ospedaliera di Verona, servizio psichiatrico. Amedeo Bezzetto, psicologo e psicoterapeuta, lavora dal 2002 all’Ospedale Villa Santa Giuliana e dal 2011 ne è il responsabile dell’area riabilitativa adolescenti. Riconosciuta come “struttura di riferimento regionale” per la cura degli adolescenti con disturbo psichico, a Villa Santa Giuliana sono ricoverati ogni anno circa 130 ragazzi provenienti dal nord Italia, un terzo dei quali arrivano da Verona e provincia. Da giugno di quest’anno i posti letto sono passati da 19 a 38.
Dottor Bezzetto, il disagio degli adolescenti è sempre esistito. Come mai negli ultimi anni è diventato un problema grave?
“Gli adolescenti sono un fenomeno sociale di eccellenza, per capire come stiamo da un punto di vista umano. Quindi sono l’evidenza non della crisi di una fascia di età, ma della confusione e della complessità del sistema sociale moderno”.
Perché l’adolescenza è un passaggio sempre più difficile?
“L’adolescenza è la fase di passaggio critica tra il mondo dell’infanzia e il mondo di questo tempo storico degli adulti. Quindi, cambiando il tempo degli adulti, cambia anche l’adolescenza, sia nella sua funzione ordinaria di maturazione, che nella sua funzione straordinaria di segnalare il disagio: per ogni epoca, esiste un linguaggio diverso per manifestare il dolore”.
Anche nella nostra città il disagio giovanile è un aumento.
“Il disagio psicologico negli adolescenti è diffusissimo: negli ultimi dieci anni su tutto il territorio nazionale, quindi anche qui, le richieste alla neuropsichiatria sono raddoppiate: con l’accelerazione del Covid, il malessere è passato dal 15-20 per cento della popolazione giovanile al 40-50 per cento”.
Si può ancora parlare del Covid come unica causa del disagio dei ragazzi?
“Il Covid ha semplicemente accelerato in termini critici un fenomeno di disfunzionalità del nostro sistema di convivenza civile tra adolescenti e adulti. La problematica della salute psicologica degli adolescenti c’era anche prima della pandemia, semplicemente con il Covid si è esacerbata, perché i ragazzi non sono più stati in grado di continuare con le loro tappe evolutive nel mondo extrafamiliare”.
Come si manifesta questo malessere dei giovani?
“Quello che capisco dal mio osservatorio è che le fragilità sono quelle sull’area del corpo e della sua gestione: ragazze e ragazzi manifestano il loro dolore con comportamenti sbagliati, fuori luogo, eccessivi. E poi c’è l’area delle emozioni, l’altro piano di lavoro psicologico: gli adolescenti sono assolutamente vulnerabili sul piano emotivo. Non sul piano cognitivo, anzi, abbiamo ragazzi sempre più intelligenti. Neppure sul piano delle relazioni: abbiamo ragazzi disponibili a entrare in relazione fra di loro. Siamo noi come adulti che abbiamo smesso di incontrarli nel modo giusto: spetta agli adulti adeguarsi a incontrare gli adolescenti, non viceversa”.
Quali sono i disturbi più frequenti?
“Sul piano emotivo una grande vulnerabilità, che tocca l’area dei disturbi dell’umore: ansia, attacchi di panico, fobia, ciclotimia. Alcuni di loro trasformano in comportamenti sbagliati un dolore emotivo ingovernabile. Le ragazze si tagliano e c’è un incremento dei disturbi alimentari, perché il dolore psicologico passa dal corpo. I maschi invece usano il loro corpo in maniera più aggressiva nei confronti del mondo: si picchia, si spinge, si urla. Si usa il corpo per manifestare una tensione, che la mente non riesce a governare e a trasformare in parole, in dialogo, in discussione”.
Quanti giovani avete in terapia qui a Santa Giuliana?
“Santa Giuliana ha realizzato un trattamento specifico per gli adolescenti che stanno male, con disagio psicologico clinico. Ogni anno ricoveriamo 120-130 ragazzi che vengono da tutto il nord Italia. La metà sono veneti, un terzo arriva da Verona e provincia. Abbiamo una prevalenza di femmine, ma solo perché hanno una maggiore disponibilità a chiedere aiuto”.
Le famiglie di provenienza?
“Varie. Il fenomeno della sofferenza mentale, che diventa oggetto di intervento clinico, non ha una tipologia standard di famiglia. Non c’è una causa nella famiglia che lo determina. C’è un contesto allargato, dove la famiglia è solo una parte”.
Come fate a curare il disagio psicologico dei giovani?
“L’ospedale di Santa Giuliana ha costruito una proposta di degenza in chiave comunitaria e riabilitativa. Qui si studia, si fa sport, si organizzano laboratori di lavoro in gruppo. Questa dimensione di lavoro sulle risorse positive è una parte dell’intervento fondamentale, quanto quello clinico. Quindi abbiamo due focus: uno sanitario in senso stretto e uno riabilitativo. L’intreccio dei due genera sollievo e salute”.
La famiglia cosa può fare?
“Bisogna aiutare i genitori a un’educazione di accompagnamento della personalità dei figli, che tenga conto anche dei confini dell’esperienza, della piccola rinuncia, della gratificazione non dei bisogni, ma dei desideri. Poi, nella scuola, tanti di questi adolescenti cresciuti in una condizione di grande libertà, pretendono di procedere come in famiglia anche con l’insegnante: faticano a tollerare le restrizioni molto più di vent’anni fa”.
I genitori sono sempre più in difficoltà a gestire l’adolescenza dei figli.
“Ritengo l’adolescenza la miniera a cielo aperto più importante che abbiamo a disposizione per vivere tutti meglio. Invece tanti di questi ragazzi sono vissuti come un ostacolo, un disturbo alla nostra vita civile ordinaria. I ragazzi di 17-18 anni sono pronti per dare il massimo a se stessi e anche agli altri. Invece accade che, come adulti, se non riusciamo a intercettarli, ad accompagnarli, trasformiamo quella che può essere una risorsa in un problema. E come adulti ci ostiniamo a intervenire in maniera pressante, perché rappresentano un problema. Per me è una condizione paradossale, oltre che un grande dispiacere”.
Ma fare i genitori oggi è un’impresa titanica!
“Da un paio di anni Santa Giuliana ha aperto un Centro adolescenza famiglia, perché abbiamo intercettato il bisogno di genitori, educatori, preti, insegnanti di essere formati per poter lavorare bene con i loro adolescenti, nei diversi contesti: nel quartiere, nella scuola, nel territorio. É questa l’area della prevenzione per eccellenza. E con la competenza che abbiamo acquisito in questi anni sul dolore dei giovani, ci sentiamo di condividere informazioni e idee”.
Anche Verona si sta confrontando con il fenomeno delle baby gang. Lei cosa ne pensa?
“É un fenomeno che ha a che fare con giovani in difficoltà, che possono diventare autori di reato. Aspetterei a parlare di delinquenti e aspetterei a dare giudizi in chiave criminalizzante. Ci sono alcuni giovani che devono essere affidati al sistema di controllo, ma ci sono tanti ragazzi che appartengono a questi gruppi, che in realtà stanno cercando di costruire un personaggio di valore sociale, non avendo trovato alternative in altri contesti”.
Quindi cosa si dovrebbe fare?
“Se come adulti preparassimo più contesti sociali adatti ai nuovi adolescenti, è probabile che molti dei ragazzi che adesso sono in strada, a rischio, sarebbero disposti a costruire un personaggio diverso”.
Oggi l’adolescenza si prolunga fino ai 20 anni…
“Abbiamo adolescenti sempre più grandi, che confondiamo con giovani adulti, ma che invece hanno bisogno di essere accompagnati.
Rossella Lazzarini