L’edificio di cui oggi vorrei scrivere è molto particolare e interessante. Si trova in un piccolo paese al di fuori delle porte di Verona e si situa storicamente tra il periodo romano e quello degli edifici paleocristiani: l’Ipogeo di Santa Maria In Stelle (comunemente noto come “il Pantheon”). E’ un sito archeologico e successivamente all’epoca della sua costruzione divenne un luogo di culto cristiano, unico nel suo genere. Siamo in un piccolo borgo Veronese situato nel cuore della Valpantena, che deve il suo nome ad un affresco dipinto all’interno di una volta ipogea.. Si tratta di una struttura sotterranea di difficile interpretazione, realizzata nel III secolo probabilmente con la funzione di monumento funerario, anche se potrebbe essere stato utilizzato anche come acquedotto o ninfeo (In epoca ellenistica o romana, costruzione di forma rettangolare o circolare o ellittica, spesso absidata, con nicchie e prospetto architettonico a colonne, contenente una fontana, che in alcuni casi raggiunge un notevole fasto scenografico, sia nelle città ellenistiche specialmente asiatiche (Mileto, Efeso, Side, Antiochia ecc.), sia nelle città romane (Settizonio a Roma, Villa Adriana, Leptis Magna ecc.). Lo stesso nome ebbero, per l’analogia delle loro forme architettoniche con quelle dell’antichità, anche le fontane monumentali delle grandi ville rinascimentali e barocche, costituite da portici, esedre, nicchie, grotte artificiali, scenograficamente realizzate sul declivio naturale del terreno (ville di Tivoli, Frascati, Bagnaia) e all’interno degli edifici (Villa Giulia a Roma).per captare le acque di una fonte sotterranea. A partire dal IV secolo lo spazio venne adibito a cappella per il culto cristiano, destinazione d’uso che mantenne fino al XII secolo. Sembra infatti secondo alcuni studi, che San Zeno, allora vescovo di Verona, abbia avviato un’ opera di evangelizzazione delle comunità rurali, extra-moenia, dov’era ancora radicato il culto pagano. In occasione di una visita al ninfeo, lo avrebbe consacrato a primo fonte battesimale fuori dalle mura di Verona. La struttura sarà successivamente ampliata con la costruzione di due celle laterali, alla destra e alla sinistra dell’atrio battesimale. Dagli affreschi che esse contengono possiamo intuire che lo scopo delle due celle era quello di fornire un luogo per la catechesi. Gli aneddoti rappresentati riguardano sia il Nuovo che l’Antico Testamento. Altre però sono le interpretazioni date a questo luogo. La struttura è stata riscoperta nel Settecento, come documentano i rilievi di Gaetano Cristofali Il committente della struttura, ovvero il nobile romano Publio Pomponio Corneliano, vissuto nel III secolo e noto per aver ricoperto cariche pubbliche nel territorio veronese e vicentino, è verosimilmente il personaggio raffigurato in una statua posta in una nicchia dell’ipogeo. Il suo nome compare in un’iscrizione situata sull’architrave della porta d’accesso, dove si informa che egli fece edificare le fondazioni dell’ipogeo insieme alla moglie e ai figli. Il fatto che sia citata l’intera famiglia fa pensare che la destinazione originale fosse a cenotafio (Monumento sepolcrale privo dei resti mortali della persona in onore della quale è stato eretto) della gens Pomponia. La presenza di una sorgente che sgorga in questo spazio, tuttavia, rende credibile anche la funzione di acquedotto o di ninfeo, ovvero di un insieme di vani dedicati al culto delle ninfe, cui Corneliano era devoto. Nel XV secolo, durante i lavori di ampliamento della chiesa sorta sopra l’ipogeo, venne chiuso l’antico ingresso che metteva in comunicazione diretta il tempio sotterraneo con l’esterno e venne realizzata la scalinata d’accesso ancora presente.
Tiziano Brusco