L’ingegnere della terza generazione. Parla Matteo Limoni Il nonno è stato il sindaco di Legnago negli anni della ricostruzione: al senatore è intitolato il ponte sull’Adige. Suo padre è stato l’assessore ai lavori pubblici che ha trasformato il Salieri in un gioiello. Lui oggi presiede l’Ordine di Verona

Ingegneri: apertura, supporto e tutela

La missione dell’Ordine è garantire sicurezza. Sinergia con gli enti pubblici, Ater e Università

Il nonno sindaco di Legnago negli anni della ricostruzione e parlamentare Dc per un ventennio: al senatore Dino Limoni, dopo la sua morte nel 1986, è intitolato il ponte sull’Adige che unisce la cittadina della Bassa alla sua frazione principale, Porto. Il padre, l’ingegner Flavio Limoni, democristiano, è stato assessore ai Lavori pubblici a Legnago nella giunta del sindaco comunista Giorgio Soffiati. Riuscito esempio di compromesso storico: trasformarono il vecchio teatro Salieri in un gioiello. La terza generazione è quella dell’ingegner Matteo Limoni, dal luglio 2022 presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Verona.
Suo nonno, il senatore Dino Limoni, è scomparso quando lei aveva 10 anni. Che ricordi ne ha?
“Un bel ricordo. Anche perché deriva dal punto di vista privilegiato di uno dei nipoti della nostra numerosa famiglia, a cui mio nonno Dino non faceva mancare il suo affetto. Cattolico, credente, appassionato difensore dei propri principi, legato al suo territorio e alla missione di portarvi sviluppo, cultura e benessere. Amante dei classici ma anche della poesia dialettale. Ci ha insegnato il “saper pensare” prima del “saper fare”. Lo ricordo bene anche nei suoi modi, che richiamavano autorevolezza e rispetto dei ruoli, sia in famiglia sia nella vita in generale”.
L’Ordine degli Ingegneri di Verona conta circa 3 mila iscritti. Qual è il vostro ruolo nei confronti della città?
“Detto in tre parole: “apertura” per far conoscere chi sono gli Ingegneri, “supporto” su tematiche tecniche di utilità per il territorio, “tutela” delle competenze dei propri iscritti. Perché il buon nome degli Ingegneri, la loro reputazione, passa soprattutto dal loro operato. La nostra missione, prima di tutto, è quella di garantire la società civile sulla sicurezza delle opere che progettiamo e realizziamo”.
Come Ordine siete coinvolti dall’amministrazione comunale nell’individuare le soluzioni migliori alle criticità che presenta il sistema Verona?
“Con il Comune di Verona stiamo collaborando in diversi tavoli tecnici, dall’edilizia al piano di gestione rischio alluvioni. Con Ater abbiamo siglato di recente un protocollo sui CAM, i Criteri ambientali minimi da rispettare negli interventi di riqualificazione degli immobili. Con l’Università di Verona quest’anno abbiamo organizzato un’assemblea pubblica per presentare il nuovo Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione. Con i Vigili del Fuoco e la Protezione civile sono stati organizzati momenti di formazione importanti per i colleghi. E con gli altri enti pubblici siamo disponibili a trovare sinergie”.
Parliamo dei principali nodi da risolvere. Gli spostamenti a Verona avvengono per il 70% in auto: la media nazionale è del 65%. Come vedete il futuro della mobilità?
“Non ci sono soluzioni univoche per la mobilità, ma una giusta integrazione, un mix tra i diversi tipi di mobilità, dai mezzi pubblici green, all’auto elettrica, alle piste ciclabili, ai sistemi di condivisione dei veicoli. L’importante è non affrontare il tema della mobilità in maniera ideologica, ma basandosi su studi che si adattino a Verona”.
Ad esempio cosa servirebbe?
“Ulteriori infrastrutture di servizi, come colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, parcheggi scambiatori e una revisione dei parcheggi per gli abitanti dei quartieri residenziali più prossimi al centro”. (rl)

Una Verona metropolitana e apartitica

Bisogna ottimizzare risorse, burocrazia e servizi, senza creare disparità con la provincia

Basterà il filobus per convincere i veronesi a lasciare a casa l’auto?
“No, non basterà il filobus. Bisognerà capire con quali orari e frequenza si potrà utilizzare questo mezzo, oltre a creare le condizioni perchè possa essere utilizzato non solo dai veronesi, ma anche da chi proviene da fuori città. Servono quindi parcheggi scambiatori per poter lasciare l’auto in prossimità del centro e utilizzare i mezzi pubblici, che dovranno garantire un servizio efficiente”.
Secondo lei è prioritaria la realizzazione della strada di Gronda o del Traforo?
“Qualsiasi opera che possa decongestionare la città dal traffico, e mettere in comunicazione il territorio in modo più veloce, è positiva. Ma proprio perché si parla di grandi opere, che possono impattare con il territorio, vanno progettate con attenzione. Nel caso del Traforo, si dovrebbero studiare i flussi di traffico contestualizzati anche con gli altri interventi che si stanno mettendo in campo per la città e la sua mobilità. E tra gli ingegneri c’è chi ha competenza nello studio di questi scenari: la nostra categoria può contribuire attivamente sul tema, con proposte idonee ad individuare la scelta migliore”.
Il tema dello sviluppo della Marangona. Qual è l’idea degli ingegneri?
“La logistica va bene, ma non da sola. Sarà necessario realizzare una continuità con lo spazio urbano, integrando l’area al resto della città con infrastrutture di comunicazione viarie, con un trasporto pubblico sostenibile e con il sistema del verde. In questo modo la Marangona potrebbe essere attrattiva anche per altri settori a contenuto avanzato”.
Verona metropolitana: un’idea degli anni ‘90 che oggi ha ripreso vigore.
“Il concetto di città metropolitana comporta un grosso cambio di mentalità. E rappresenta una grossa sfida per tutta la classe politica. Si dice che “l’unione fa la forza”, ma la forza va governata: in particolare è da evitare la supremazia del comune capoluogo nei confronti di quelli minori, così come le ingerenze dettate dalle bandierine di partito”.
Come si dovrebbe procedere?
“L’obiettivo dovrebbe essere quello di ottimizzare risorse, burocrazia e servizi in modo strategico per tutti. Sarà importante non creare disparità, altrimenti si corre il rischio di sviluppare in prevalenza l’area più grande, a scapito dei territori della provincia, che perderebbero ulteriore attrattività”.
Verona città metropolitana, quindi, non dovrebbe dimenticare la provincia.
“Bisogna rendere la provincia più vicina e parte integrante del capoluogo. Vorrei ricordare che è da più di 50 anni che si parla della metropolitana leggera per raggiungere Verona dai comuni della Bassa veronese. Staremo a vedere. Spero che l’ambizione di diventare città metropolitana non si tramuti solo in un’etichetta di facciata”.
Come vedono gli ingegneri la Verona di domani?
“Crediamo in una Verona sempre più attrattiva, ma che dovrà rimanere a misura d’uomo. Una città aperta al mondo, con una dimensione e una visione metropolitana, ma senza i difetti e le criticità delle grandi metropoli come Roma o Milano. In definitiva, una città dove poter continuare, come oggi, a vivere bene”.
Chiudiamo con una domanda personale: c’è un impegno in politica nel suo futuro?
“Non lo so. Certo, non al momento, visto che la carica di presidente dell’Ordine Ingegneri è un ruolo super partes. Sono convinto che un Ordine professionale debba avere la libertà di interloquire su temi tecnici, e di importanza per la categoria, con qualsiasi amministrazione, ente, associazione o componente partitica, senza incorrere nel rischio di venire strumentalizzato politicamente. L’Ordine degli Ingegneri è apartitico e tale deve rimanere”.
Rossella Lazzarini