Il 4 Giugno 1958 il neopresidente del consiglio Charles De Gaulle si recò ad Algeri e pronunciò un discorso davanti a una folla che lo acclamava: “dichiaro che da oggi la Francia considera che in tutta l’Algeria c’è solo una categoria di abitanti: i francesi”. De Gaulle stava alimentando le speranze dei coloni e dei militari, convinti dalle sue assicurazioni e dal lancio di un vasto programma di investimenti economici francesi in Algeria. Tuttavia egli sapeva già che l’Algeria era perduta e il terribile malinteso avrebbe provocato la ribellione di una parte dell’esercito e ridotto i coloni alla disperazione. Proseguiva intanto il programma di sfollamento, che supererà i due milioni di algerini (1957-60), dai loro paesi d’origine, sradicandoli dalle aree montane per sistemarli su territori pianeggianti, dove incontrarono molte difficoltà a ricostruire le proprie abitudini di vita economica e sociale. Sempre nel 1958 il FLN decise di aprire un secondo fronte in Francia, scatenando una serie di attentati, e il 19 di Settembre proclamò, al Cairo, il governo provvisorio della Repubblica algerina (GPRA). Un anno dopo De Gaulle cambiò la sua posizione sull’Algeria e la esplicitò nel discorso trasmesso in televisione il 16-9-1959, in cui affermò che, in nome della Francia e grazie ai poteri che la costituzione gli attribuiva, si impegnava a chiedere da una parte, agli Algerini, cosa volevano finalmente diventare e dall’altra, ai Francesi, di ratificare la decisione qualunque essa fosse.
I militari gridarono all’inganno e i coloni, delusi per le aperture del presidente verso l’autodeterminazione dell’Algeria, organizzarono una rivolta ad Algeri nel Gennaio del 1960 (“la settimana delle barricate”) con l’appoggio della polizia e il consenso dei paracadutisti. Il presidente rispose prontamente con un duro discorso contro gli insorti, si appellò alla lealtà dell’esercito e chiamò i francesi a sostenere la sua politica algerina. I pieds-noirs si sentirono traditi e De Gaulle era diventato per loro un nemico. Egli aveva mutato la sua politica sia per ragioni di stabilità interna, dove l’opinione pubblica era sempre più contraria al conflitto e molti intellettuali sostenevano l’indipendenza dell’Algeria (Manifesto dei 121), sia, soprattutto, per ragioni geopolitiche. La Francia aveva subito un forte ridimensionamento nel quadro internazionale per la guerra del Sinai (1956), i processi di decolonizzazione nell’Africa nera si stavano moltiplicando, le pressioni di molti stati, tra cui gli Stati Uniti, a favore dell’indipendenza algerina si fecero incalzanti e i poteri economici francesi erano sempre più preoccupati per i loro affari in Nord Africa. L’8 Gennaio 1961 si tenne in Francia il referendum sull’indipendenza dell’Algeria. Si schierarono contro le Destre e anche le Sinistre con motivazioni, quest’ultime, non prive di ambiguità, temendo che il SI, in caso di vittoria, potesse rafforzare De Gaulle.
Nonostante ciò, i francesi, stanchi di una guerra che durava da oltre sei anni, votarono a favore della proposta del presidente con il 75% dei voti. Il referendum dava mano libera a De Gaulle per iniziare i colloqui di pace con il FILN. Per bloccare il processo d’indipendenza, molti ex capi dell’esercito in Algeria tentarono di prendere il potere ad Algeri (21-26 Aprile 1961), ma non furono seguiti dalle truppe e dopo cinque giorni si dovettero arrendere. Alcuni militari golpisti vennero arrestati, mentre gli altri entrarono in clandestinità e aderirono all’Organizzazione Armata Segreta (OAS), che raggruppava gli oltranzisti per l’Algeria francese.
*Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia