Debutta al Teatro Romano di Verona, domani alle 21.15 (con repliche il 2 e 3 settembre alla stessa ora), Iliade di Omero nella riscrittura di Alessandro Baricco, con Natalino Balasso diretto da Alberto Rizzi. Lo spettacolo, una coproduzione di Estate Teatrale Veronese e Fondazione Atlantide – Teatro Stabile di Verona, inaugura la sezione Settembre classico del Festival organizzato dal Comune di Verona.
In scena, oltre a Natalino Balasso, in questo spettacolo – che fa della violenza (da quella primordiale della clava a quella spesso subdola dei giorni nostri) una costante della storia dell’uomo – altri sei attori: Diego Facciotti, Chiara Mascalzoni, Marta Cortellazzo Wiel, Pietro Traldi, Chiara Pellegrin e Luca Boscolo. Uno spettacolo corale quindi dove Balasso si presenta al pubblico veronese in una veste inedita, nei panni di un Agamennone tragicamente grottesco.
«Sono certo – dice Balasso – che sarà un buon lavoro perché ci sono tutte le premesse, nel testo di Baricco, in Omero, nell’allestimento di Rizzi. Per questo spettacolo ho messo a disposizione il mio lavoro di attore in un contesto epico-drammatico. Mi preme sottolineare, infatti, che si tratta di uno spettacolo tragico. Lo dico perché è giusto andare a teatro senza aspettarsi cosa si vedrà, ma sarebbe anche sbagliato andarci aspettandosi un’altra cosa».
Alberto Rizzi, autore e regista veronese di teatro e di cinema, vincitore del premio per la miglior regia al Festival del Cinema Italiano 2021 per Si muore solo da vivi, costruisce la propria regia con il medesimo rispetto e modernità con cui Baricco ha affrontato la riscrittura dell’Iliade: un gioco roteante, visivo e visionario, dove – in un continuo movimento di immagini e scene – lo spettatore è catapultato dalle torri di Troia alle spiagge dei Greci, da accampamenti virili e nudi a stanze dorate e sontuose. «Portare in scena oggi l’Iliade – dichiara Rizzi che dello spettacolo cura anche scene e costumi – significa ancora una volta leggere il presente, la guerra mostruosa che ruggisce anche oggi nelle nostre orecchie. Baricco toglie dal campo gli dèi e lascia soli gli uomini. Trasforma così l’epica in dramma privato, quotidiano. E il tempo, da tempo degli uomini, si fa tempo degli eroi».