La partita contro il Napoli, sulla carta decisamente proibitiva, è invece diventata un altro vitale passo verso un obiettivo che si chiama salvezza. La formazione di Spalletti, in buona parte coscienziosamente rivoluzionata in vista dell’imminente impegno di Champions con il Milan – una di quelle gare che valgono una stagione intera – ha rinunciato ad alcune delle sue principali frecce del suo infallibile arco, ma questo non dove minimamente scalfire il valore dell’impresa compiuta dalla squadra gialloblù. La formazione di Zaffaroni, infatti, pienamente consapevole delle proprie capacità, e dell’importanza della gara, ha interpretato alla perfezione lo spartito tattico scelto dal tecnico, conquistando un punto d’oro. A dirla tutta, quando il ritmo dell’incontro contava i suoi ultimi battiti, il Verona ha avuto l’occasione di conquistare il successo pieno, un risultato che su quel campo mancava da oltre quarant’anni. Peccato che Ngonge, con incomprensibile sfrontatezza, abbia cestinato un’occasione da gol colossale, scegliendo la soluzione più difficile. Bene il punto ma il rammarico, inutile negarlo, rimane.
CHI SALE
Le due figure attorno alle quali si è materializzato un risultato quasi miracoloso, sono state quelle di Adrien Tamèze e Isak Hien. Il centrocampista francese, come non si vedeva da settimane, ha preso in mano le redini del centrocampo facendo rinverdire i fasti di certi standard qualitativi e quantitativi che sembravano perduti. Insieme a lui anche il centrale svedese, il cui nome è stato ultimamente oltremisura chiacchierato, riguardo a una sua assenza con l’Hellas quando veniva regolarmente impiegato con la propria Nazionale. Sabato sera, sul terreno del Maradona, ha governato la retroguardia con ritrovata personalità e autorevolezza. I partenopei, infatti, non sono mai riusciti a rendersi pericolosi dalle parti di Montipò, che ha passato finalmente una serata tutto sommato tranquilla. L’unico pericolo è arrivato su una conclusione di Osimhen, partito dalla panchina e acclamato a gran voce dal popolo napoletano, finita, per nostra fortuna, sulla traversa. Un plauso spetta anche alla coppia Zaffaroni/Bocchetti. L’inedito 4-4-1-1, si è dimostrato l’abito perfetto per la partita che si voleva fare e che alla fine è stata fatta.
CHI SCENDE
Il posto dietro alla lavagna spetta senza ombra di dubbio a Cyril Ngonge. L’attaccante belga, entrato in campo da pochi minuti, si è letteralmente divorato un’occasione da gol, forse più unica che rara. Imbeccato da Verdi, si è presentato solo davanti a Meret scegliendo la soluzione più difficile – il pallonetto o “scavetto” che dir si voglia – attraverso l’utilizzo del piede destro, che per lui mancino naturale rappresenta il cosiddetto ‘piede debole’. I gol si possono sbagliare, ci mancherebbe altro, ma c’è modo e modo. E sabato sera in molti hanno disapprovato la sua scelta. L’importante è che questo errore resti un semplice rammarico e non diventi un pericoloso rimpianto.
Enrico Brigi