Gentile direttore, è passato esattamente un mese dalla tragica scomparsa del giornalista ed editore Achille Ottaviani. Un personaggio che è stato per anni molto attivo in città, con esperienze anche nella politica (senatore della Lega) ma ora pare dimenticato. E’ come se fosse stato rimosso. Ma è possibile ricordarlo in quello che sarebbe il suo trigesimo? E’ giusto farlo?
Mauro Carletti
Gentile lettore, lei offre l’occasione per un doveroso ricordo e una necessaria riflessione su cosa è stata la nostra città negli anni ruggenti della cosiddetta “Milano (o Verona) da bere”. Mi scusi se divago con ricordi personali, ma credo siano necessari. Ho conosciuto Achille Ottaviani una quarantina d’anni fa quando iniziavo a esplorare questo mestiere e iniziai a collaborare con Il Mattino di Verona che aveva sede in via Roveggia. Era una delle mille iniziative editoriali sfornate dalla scoppiettante attività di Ottaviani, sempre molto disinvolto nelle sue iniziative professionali, nel rapporto con il denaro così come nel resto della sua vita. Si era rifatto vivo con una telefonata qualche mese fa dopo che avevo preso la direzione di questa testata che lui aveva fondato. Era molto cambiato, non voleva arrendersi al fatto che questo mestiere oggi ha rivoluzionato i suoi meccanismi, si è adattato ai tempi e all’innovazione, ha logiche completamente diverse rispetto a venti o trent’anni fa, e anche la città di conseguenza ha modificato le sue logiche, quando ancora ne ha. Achille è stato di sicuro un professionista di successo tra genio e sregolatezza: negli anni Ottanta e Novanta aveva in mano un grande potere nel mondo dell’informazione, finendo poi travolto da errori e iniziative non decollate. In quegli anni, Ottanta e Novanta, c’era un altro leone ruggente, protagonista della città nel bene e nel male, Roberto Bissoli detto Rambo, grande capo della Dc dorotea, quella che gestiva il potere vero di Verona. Quando la Dc travolta di Mani pulite venne commissariata, tornò nella sede di via Garibaldi il vecchio e saggio Renato Gozzi appoggiato al suo bastone e tra gli altri incontrò per un colloquio Bissoli. Gli chiesi cosa ne pensasse. Gozzi sospirò e disse solo: “L’è uno svelto”. E in politica la rapidità se non è tutto, è comunque molto. Due vite per molti versi parallele quelle di Achille e Rambo, accomunate da un tragico epilogo. Ottaviani scomparso un mese fa, aveva 72 anni, Bissoli, morto a fine ottobre scorso, ne aveva 75. I due non si prendevano molto. Ottaviani non si lasciava sfuggire occasioni per amplificare le imprese di Rambo nella politica cittadina; Bissoli da parte sua non amava i giornalisti e di loro diceva una celebre battuta: “Sono come i denti, quando fanno male o li ricopri d’oro o li elimini”. Come possono due personaggi così forti, che hanno caratterizzato almeno vent’anni della vita cittadina, che hanno avuto relazioni di livello altissimo, che hanno deciso i destini di tante persone, arrivare a un comune, tragico epilogo? Me lo sono chiesto per settimane, avendo conosciuto entrambi per lavoro. Pieni di energie, iperegocentrici, anche narcisi, innamorati del proprio ruolo, sono crollati andando a pezzi. Perché? Scrive Massimo Recalcati che la nostra immagine non è quella che ci restituisce lo specchio al mattino, ma è quella “che ci viene restituita dal corpo sociale, dalle persone che amiamo e stimiamo. Lo specchio che conta è quello dell’Altro che ci restituisce o ci sottrae la dignità del nostro essere uomini”. Coloro che decidono di farla finita, prosegue Recalcati che ci offre una chiave di interpretazione molto umana, “sono uomini che hanno perduto la loro immagine, che hanno incontrato uno specchio in frantumi. Non possono dunque più riconoscersi in nulla”. E quindi alla fine c’è “il tentativo disperato di trovare una dignità smarrita”. Achille e Roberto, vi sia lieve la terra.