In questi ultimi giorni è uscita la notizia che Patrizia Immobiliare, la società che, per conto del fondo Verona Property di Fondazione Cariverona, è stata sostituita dalla DeA Capital Real Estate SGR Spa, guidata da Lorenzo Pellicioli, che siede nel Cda di Generali che controlla Cattolica Assicurazioni. Forse, uno dei motivi di questa scelta, è il rallentamento dell’inizio dei lavori per la trasformazione
dell’ex sede di Unicredit in via Garibaldi, all’interno del Piano Folin, in un hotel di lusso. Rallentamento provocato dal ricorso al TAR veneto degli albergatori di Verona contro l’uso della deroga, per consentire l’apertura di un nuovo hotel in centro, contro le disposizioni urbanistiche. Infatti, se prendesse piede l’uso della deroga per modificare le destinazioni d’uso delle pianificazioni urbanistiche, si arriverebbe al caos. La mancata certezza sull’intangibilità degli strumenti di piano, attraverso l’uso delle deroghe e della legge “Sblocca Italia”, rende difficile la programmazione economica, sociale e urbanistica della città.
Ma, l’origine di tutti i mali, è stata la cessione di gran parte dei cosiddetti gioielli di famiglia, gli edifici storici di proprietà del Comune, alla Fondazione Cariverona.
Se nel suo statuto, all’articolo 1 è specificato che: “la Fondazione è persona giuridica privata, senza fine di lucro…” e, nell’articolo 2 che: “ispira la sua attività al bene comune e persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico assicurando, singolarmente e nel loro insieme, l’equilibrata destinazione delle risorse con preferenza ai settori a maggior rilevanza sociale…” Nella realtà, alcuni suoi interventi sembrano essere stati dettati più
dalla rendita immobiliare che dalla rilevanza sociale.
Mi riferisco in particolare al cambiamento di destinazione d’uso dei Magazzini Generali, da culturale a commerciale e direzionale.
Sugli immobili relativi all’ex sede Unicredit in Centro Storico, per la Fondazione sarebbe stato più coerente, con gli articoli del suo statuto, che avesse realizzato appartamenti per giovani coppie e per studenti a canone convenzionato, anziché un grande albergo su quattro piani della catena Marriott International, con i parcheggi, obbligati per legge, localizzati in Borgo Roma.
Corrono anche voci che, vista la difficoltà di gestire un museo al palazzo del Capitanio, possano essere accolte le richieste d’acquisto da parte di un imprenditore privato. L’attuale presidente, Alessandro Mazzucco, in scadenza, vorrebbe che il patrimonio immobiliare della Fondazione fosse messo a reddito.
Concludo, sostenendo che, a mio modesto parere, lo scopo delle fondazioni bancarie, che usano i soldi derivati dai risparmi dei cittadini, non dovrebbe essere quello di realizzare reddito, ma di
intervenire soprattutto nel sociale e nel culturale.
Giorgio Massignan (Veronapolis)
Le considerazioni di Giorgio Massignan, che hanno un loro valore e fondamento, si scontrano con una nuova realtà con la quale le Fondazioni bancarie devono fare i conti: le crisi finanziarie. Come è stato spiegato in alcuni libri dedicati al tema (per citarne uno,Fondazioni 3.0 di Andrea Greco, Umberto Tombari edizioni Bompiani), gli investimenti finanziari non consentono più grandi rendimenti, per cui le Fondazioni hanno dovuto cambiare strategia per fare in modo che il patrimonio costituito dai risparmi dei veronesi e dei veneti possa generare provviste da distribuire sul territorio. Tenere il mattone fermo e inattivo è ritenuto ormai un lusso non più realistico. E sistemare i “contenitori” storici ha un costo. Ma è anche vero che lo scopo sociale e culturale non va mai perso di vista.
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