Leggerezza dell’arte con occhi nuovi Il “metodo” di Bruno Munari in scena a Eataly Art House nei laboratori per l'infanzia

“Capire che cos’è l’arte è una preoccupazione (inutile) dell’adulto. Capire come farla è, invece, un interesse autentico del bambino”, sosteneva Bruno Munari. Per conoscere il pensiero del geniale artista e permettere al pubblico di confrontarsi con le sue variegate opere, Eataly Art House mette in scena, in questi mesi, il percorso espositivo “La leggerezza dell’arte” curato da Alberto Salvadori e Luca Zaffarano. L’iniziativa, tramite opere, filmati, documenti e incontri (che già nel mese di novembre abbiamo iniziato a esplorare in queste pagine) propone, parallelamente alla mostra, un cartellone di laboratori dedicati a bimbe e bimbi, alle loro famiglie e alle scuole, per approfondire il “metodo munariano”. Il poliedrico artista preferiva raggruppare le sue tante specificità (progettista, grafico, docente, scrittore e animatore) nell’esteso nucleo concettuale della “comunicazione visiva”.
L’intento della ricerca era superare l’analfabetismo visuale e orientare le persone ad acquisire filtri culturali in grado di decodificare i messaggi comunicativi. Le percezioni del nostro occhio a ogni stimolo esterno (e le conseguenti reazioni psicologiche) rappresentavano elementi cardine di questa indagine al punto che l’apprendimento dei meccanismi visivi era paragonato all’impegno richiesto per “imparare una lingua straniera”. Chi partecipa ai laboratori munariani (partiti a Milano nel 1977 nella “Pinacoteca di Brera” e giunti ai giorni nostri preservando lo spirito originario), attraverso un mix sapiente di tecnica, creatività e leggerezza, fa esperienza concreta di questa nuova lingua, in uno spazio che “non va raccontato solo a parole, ma provato”. La metodica degli incontri, originariamente denominata “Giocare con l’arte”, ancor oggi suscita grande interesse in Italia e all’estero perché sfrutta i principi della pedagogia attiva (contraria alle imposizioni) e si apre alla scoperta in autonomia. Ne esce una “ginnastica mentale” che si focalizza sull’incessante osservazione del mondo con occhi rinnovati per cogliere il costante movimento che determina la nostra esistenza. Guardare quanto ci circonda, usando tutti i sensi, sollecita la creatività e rafforza il “pensiero progettuale” fin dall’infanzia.
Nei laboratori, in forma ludica, si vive l’arte e si sviluppano molte abilità con spirito di osservazione e capacità critica. Le tecniche utilizzate spaziano dall’analisi delle opere alle esperienze tattili, dalla manipolazione della materia alla visualizzazione dei segni passando per proiezione e prospettiva. A Verona, nella cornice di Eataly Art House, tanti sono i temi trasmessi ai più piccoli attraverso nomi giocosi e divertenti. Con “Fantasie di carta”, riflettendo sul riciclo creativo, si comprende cosa accade quando la forma incontra colori e texture. Invece, in “Sculture da viaggio” si scopre la tridimensionalità con tagli, pieghe e ribaltamenti.
Nuovi punti di vista si aprono in “Rose nell’insalata” grazie all’osservazione dell’immagine suggerita dai vegetali mentre, nel “Laboratorio dell’albero”, si diventa consapevoli degli stereotipi che accompagnano le rappresentazioni. I laboratori di Munari sono, quindi, luoghi privilegiati di sperimentazione visiva dove, per ricordare, è permesso anche sbagliare. Aprendo lo sguardo a fantasia, collaborazione e creatività le persone possono esprimersi in libertà, nella convinzione che “se ascolto dimentico, se faccio capisco ma, se vedo, ricordo”.

Chiara Antonioli