L’emigrazione italiana nelle Americhe rappresenta una delle grandi epopee della storia dell’umanità che compie oramai 150 anni. Tra Stati Uniti, Argentina e Brasile si raccoglie un’altra Italia, dove in particolare il Brasile conta 12 milioni di oriundi veneti, discendenti di una vicenda migratoria dolorosa e segnata dalla disperazione delle traversate, dello stabilimento e delle fatiche dei primi arrivati.
Proprio per ricordare questa straordinaria storia è uscito da poco, in streaming sulla piattaforma Netflix, il lungometraggio “Legado italiano” ossia “Eredità italiana”. Il documentario è girato in parte in Brasile in alcune città dello stato di Rio Grande do Sul come Bento Gonçalves e Garibaldi e in parte in Trentino e nelle Prealpi trevigiane, accompagnato da una colonna sonora entusiasmante e completamente originale.
La regista Marcia Monteiro, che ha scritto la sceneggiatura con il collega Elton Menezes, ha scoperto lo straordinario lato veneto del sud del Brasile facendo ricerche sul vino prodotto da loro e ha voluto immortalare un mondo italo-veneto-brasiliano imperniato di valori autentici rimasti intatti come un tempo. Questo lavoro racconta un avvenimento che percorre 9 mila chilometri e che narra di due mondi uniti da una storia comune.
La pellicola racconta di quelle terre Sudamericane in cui la presenza veneta di vicentini, trevisani, bellunesi e veronesi si identifica con la società, da quando nel 1876 l’emigrazione venne ufficialmente riconosciuta in una diaspora che continuò per molti decenni.
Il documentario girato tra la regione montuosa meridionale della Serra Gaucha affronta tematiche legate alla storia e alla lingua e tocca valori come la religiosità, la fede, la musica, la culinaria e anche l’industria. È un lascito unico al mondo specialmente se si considera che le famiglie di emigrati maggiormente provenienti del Nord Italia di origine veneta e trentina hanno importato dai propri territori saperi e sapori, come la viticultura, l’arte dei cappelli e delle “sporte” di paglia, i giochi e i filò, oltre che la lingua delle nostre parlate locali cristallizzatasi nel veneto-brasilian o talian, oggigiorno parlata ancora da 2 milioni di persone e motivi di ricerca di studiosi in tutto il mondo.
Il film diviene memoria del credo, della famiglia, dei valori professionali e delle tradizioni dei primi migranti in cerca della tanto sognata cucagna, una memoria da trasmettere in eredità ai discendenti che oggi giorno spesso non riconoscono o persino disconoscono la storia dei loro bisnonni in quanto fagocitati dalla grande globalizzazione.
La socia della Veronesi nel Mondo Giorgia Miazzo ha contribuito a questo bellissimo lavoro con una parte recitata in cui racconta alcuni risultati antropologici, linguistici e didattici della sua ricerca “Cantando in Talian”, iniziata tra Veneto e Brasile 15 anni fa e tuttora attiva con decine di comunità in loco e all’estero con l’obiettivo di dare orgoglio e dignità alla propria lingua e cultura madre, spesso vissute con vergogna all’interno delle comunità migranti.