La bella sede di Galleria dello Scudo, nel cuore di Verona, in vicolo Scudo di Francia, ha
proposto, in questi mesi, l’intensa esposizione “Stanze” con una panoramica di autori di
rilievo, molto diversi fra loro.
La narrazione visiva della mostra, focalizzata su molteplici punti di vista, è riuscita nell’intento di far dialogare tecniche tradizionali con sguardi sperimentali. Al centro del progetto creativo emergono quattro figure simboliche dell’arte contemporanea: Giuseppe Gallo, Marco Gastini, Luigi Ontani e Arcangelo Sassolino.
Le “Stanze” di Galleria dello Scudo
Gli acquarelli di Luigi Ontani aprono il percorso e conducono il pubblico in un “universo immaginifico, nato tra sogno, fantasia e invenzione”. La stanza a lui riservata svela un ciclo di opere ispirate a vari passi del romanzo “Appena un racconto”, dello scrittore portoghese António Pedro unito al grande acquarello su carta “Grillo gobbo discolo e goloso”, metafora dell’ironia che caratterizza la ricerca di Ontani. Conclude la proposta, un busto in ceramica di Jackson Pollock creato in collaborazione con la “Bottega d’Arte Gatti” di Faenza e rappresentato in una modalità già utilizzata dall’artista in lavorazioni precedenti.
Una seconda stanza conduce alle tele di Giuseppe Gallo e rivela profonde connessioni tra natura ed esperienza umana. Nei lavori “Il deserto del Gobi” e “Il deserto dei Tartari” le scene sono invase e illuminate da forme grafiche (reali o fantastiche) concepite in un linguaggio espressivo che si muove tra il figurativo e l’informale. Ne escono spazi vitali densi di segni derivati da filosofia, letteratura, musica e matematica.
Poco distanze, la stanza dedicata a Marco Gastini (scomparso nel 2018) trasmette il forte interesse dell’artista per l’aggregazione materica (di carbone, legno, ferro e piombo) e sfrutta accostamenti insoliti e tridimensionali frutto di una continua e originale ricerca espressiva. Nelle opere “Apnea” e “Sale nel buio”, gli inserti screziati e iridescenti in terracotta si uniscono agli effetti del blu (il pigmento che Gastini preferiva) per illuminare la superficie scura delle lavorazioni.
L’ultima stanza mette al centro la sperimentazione del vicentino Arcangelo Sassolino e la sua riflessione sulle forze naturali. L’artista, noto in particolare per i lavori in cemento e per aver intrecciato la poetica espressiva a fenomeni fisici (come pressione, calore, velocità e attrito), è legato da lunga data alla Galleria dello Scudo che porterà una sua opera anche a Italics 2024, il prossimo settembre. Nello spazio a lui riservato, la lavorazione del cemento e del vetro restituisce superfici lucide e levigate, visioni bidimensionali e tridimensionali con inserimento di strutture resistenti e fragili allo stesso tempo, progettate per sopravvivere a sollecitazioni permanenti.
Nella grande lastra “Tempo curvo”, per esempio, si sondano forza, capacità di non ritorno e limiti delle materie. Il vetro teso da una fascia in tessuto dimostra quanto un oggetto possa essere modellato e piegato da forze esterne, calibrate per verificare tale prospettiva. Le forme scultoree di Sassolino, solo in apparenza fragili e immobili, diventano metafora della capacità di superare le tensioni, arrivare alla soglia delle possibilità fisiche e trovare, comunque, un equilibrio nella precarietà.
Il viaggio nelle stanze
Con queste quattro singolari visioni, il viaggio nelle “stanze” di Galleria dello Scudo offre, nel suo insieme, molti spunti coinvolgenti uniti a una rassegna vitale e poliedrica dell’arte italiana. Un’esperienza nella quale convivono “istanze figurative e astratte, sguardi rivolti a materiali e tecniche tradizionali, così come aperture verso sperimentazioni che non hanno avuto eguali”.