Le professioni dimenticate: albergatori e ristoratori “Questi ci vogliono davvero a pezzi”

L’ALBERGATORE: “ma i soldi ce li danno loro ?”

R.C. 53 ANNI, di VERONA
Peggio di così…Questi ci vogliono in ginocchio, comincio a pensarlo seriamente. Forse ha ragione chi dice che ci vogliono incazzati e deboli perché così ci controllano meglio. Vorrei sapere chi ha studiato questa soluzione, dopo due mesi e mezzo di chiusura totale. Gente in cassa integrazione, prenotazioni ovviamente azzerate per chissà quanto, tour operator che ci evitano come avessimo la peste. E noi, come facciamo a vivere in queste condizioni? Con quale clientela riempiamo le nostre stanze? Il fatto è che la paura del Governo si riflette anche all’estero. “Se loro sono così – dicono – figurati se ci andiamo noi in Italia…”. Serviva coraggio, anche per dare l’impressione di voler ripartire davvero. Così, non abbiamo futuro e ci troveremo il primo giugno a riaprire guardandoci in faccia e girando i pollici. E’ questo che vogliono? Un popolo impoverito, impaurito, costretto a mendicare lavoro? Se è questo, ce la stanno facendo. Diciamo la verità: se dicono, “dobbiamo convivere col virus”, noi siamo pronti, forse non lo sono loro. Il rischio c’è, ma immagino che ora ci siano anche più terapie, meno pressioni sugli ospedali, più attenzione da parte di tutti. E se qualcuno ora si ammalasse, credo che le cure sarebbero più tempestive e più efficaci di quanto non sono state nella prima parte. Questo significa “convivere col virus”. Altrimenti, ditecelo chiaro: per un anno dimenticate di lavorare, i soldi ve li diamo noi… Spero cambino idea, altrimenti la vedo durissima.

IL RISTORATORE: “sono fuori del mondo”

T.L. 45 ANNI, di VERONA
Scusa, secondo te io dovrei riaprire il primo giugno? Ma questi sono pazzi scatenati. Riaprire col plexiglass tra un tavolino e l’altro, come fossimo ai colloqui del carcere? Questi non sanno dove vivono o forse lo sanno benissimo. Tanto, a loro che gliene importa se tu, piccolo ristoratore, sei costretto a chiudere? Io ho calcolato che, solo per adeguare il mio locale alle loro richieste, ci dovrei spendere intorno ai 10 mila euro, giusto per dire. Quindi, tre mesi fermo, 10 mila euro buttati, una ripresa che non sarà di sicuro splendida, perché chi vuoi che venga il 2-3-4-5 giugno? Mica riempi il locale, che già devi dimezzare come capienza, se ti va bene. E in cucina ho tre cuochi che si alternano, più quattro ragazzi di sala. Che faccio? Riapro e ci guardiamo in faccia? Li lascio a casa? Li metto in cassa integrazione? Vorrei che qualcuno mi rispondesse, per favore. La verità è che loro, a quelli del Governo e alla task force, queste cose non interessano. Loro vivono in un altro mondo. Loro il ristorante lo trovano sempre, non hanno di questi problemi anche se si riempiono la bocca di bei discorsi sull’Italia e sugli italiani. Io, se non cambia qualcosa, comunque, il locale non lo riapro il primo giugno, per rimetterci. Lo tengo chiuso, almeno evito le spese, lo riaprirò semmai più avanti, quando (spero), la situazione ti permetterà di lavorare seriamente”.