Una vita per il volontariato. Alfredo Dal Corso, classe 1947, di professione grafico alla Mondadori fino alla pensione, è stato il fondatore del Gruppo Promozionale Quartiere Trieste e suo presidente per dieci anni, fondatore e presidente per trent’anni di Fevoss onlus (oggi 380 volontari, 7 associazioni e 11 gruppi provinciali) e ora, da febbraio 2017, presidente di Fondazione Fevoss Santa Toscana, con sede nel palazzo Erbisti di via San Nazaro 25. L’ente assicura sostegno alle realtà più disagiate, operando in sinergia con istituzioni, servizi sociali e sanitari, associazioni di volontariato presenti sul territorio. Collabora inoltre con università, scuole superiori e istituti di specializzazione, offrendo stage e tirocini a studenti italiani e stranieri.
Signor Dal Corso, da bambino dev’essere cresciuto in una famiglia speciale…
“No, una famiglia semplice, normale: papà Bortolo infermiere in Chirurgia a Borgo Trento, mamma Irene Avesani di origine contadina, noi in cinque fratelli. Una famiglia di principi cattolici, di una religiosità semplice, sensibile alla sofferenza e alle difficoltà altrui. Abitavamo in via Turchi, a piano terra: quando qualche bisognoso suonava alla porta, mia mamma lo sfamava sempre”.
Quindi ha imparato ad aiutare il prossimo fin da bambino…
“Credo di sì, ho avuto delle testimonianze forti. Ricordo ancora un episodio: giocavamo in strada fra bambini, quando si è avvicinato un uomo che si è accasciato ai nostri piedi. La mamma di un mio amico è scesa con un piatto di minestrone e gli ha dato da mangiare. Dopo che l’uomo si è sentito meglio, le mamme hanno raccolto un po’ di soldi e, senza farsi accorgere, gli hanno infilato in tasca una busta con il denaro. Quel gesto di solidarietà semplice, senza parole, mi è sempre rimasto in mente”.
Poi cresce, si sposa e va a vivere in Borgo Trieste.
“Mi sono sposato a 27 anni, mia moglie Lina, che aveva fatto la scuola di assistente sociale, ne aveva 22. Entrambi avevamo seguito don Sergio Pighi nella sua esperienza di recupero dei tossicodipendenti. Borgo Trieste allora era chiamato Borgo Triste: un quartiere cresciuto troppo in fretta, abitato da ferrovieri e dipendenti di Tiberghien e Mondadori, privo di servizi. Era necessario impegnarsi per una migliore qualità della vita dei suoi abitanti e così nacque il Gruppo Promozionale Quartiere Trieste, realtà ancora oggi viva e attiva”.
Sua moglie l’ha sempre assecondata?
“A mia moglie Lina devo molto: è lei che mi ha fatto innamorare dell’impegno nel sociale. Appena sposati, nel nostro piccolo appartamento avevamo adibito una stanza a ufficio: lì si svolgevano tutte le attività legate all’associazione del Quartiere Trieste. Lina è sempre stata un’anima bella: ha condiviso la mia scelta di dedicare agli altri tutto il mio tempo libero”.
Nel 1987 nasce Fevoss, Federazione dei servizi di volontariato socio-sanitario.
“Fondata da otto persone. Oltre a me, tre medici: Nocini, il padre dell’attuale rettore dell’Università, Dalla Riva e Fenzi, più quattro infermieri. Venivamo dall’esperienza degli ambulatori aperti gratuitamente per i bisognosi: i primi tre avevano sede nei locali delle parrocchie di San Giuseppe, San Pio X e Santa Croce, ma nel giro di pochi anni eravamo arrivati a 34 sedi, in tutti i quartieri di Verona. Intanto l’Ulss iniziava ad avviare servizi socio-sanitari qualificati, così noi abbiamo pensato ad un allargamento verso il sociale e abbiamo dato vita a Fevoss. In fondo il ruolo del volontariato è questo: anticipare i tempi e cogliere i bisogni prima della politica e delle istituzioni”.
Nel Bazar solidale con i “fili di bene”
Con Faber Academy si riscopre l’artigianalità. Poi c’è Casa Rinascita a Santa Lucia
E Ater vi assegnò la sede nella caserma Principe Eugenio di piazza Santa Toscana
“Sì, grazie all’allora presidente Germano Sardini, socialista. Abbiamo iniziato come centro di aggregazione e di assistenza agli anziani, poi ci siamo allargati al trasporto, al segretariato sociale e, qualche anno dopo, alla mensa per i bisognosi. Però c’era il problema che dovevamo pagare ad Ater 200 mila lire al mese di affitto, più le utenze. Ci venne in aiuto l’assessore al Sociale Tito Brunelli, che stava avviando il progetto “Anziani protagonisti nel Quartiere”: istituì presso di noi la prima sede, così le spese venivano suddivise fra noi e il Comune. Essermi affidato alla Provvidenza, ancora una volta aveva funzionato!”.
Dopo trent’anni da presidente, nel giugno 2016 lascia Fevoss, ma l’anno successivo dà vita ad una nuova realtà…
“La Fondazione Fevoss Santa Toscana, un’organizzazione a movente ideale nata l’11 febbraio 2017 dall’esperienza trentennale di Fevoss onlus, con l’obiettivo di offrire servizi qualificati e continuativi di solidarietà sociale, grazie all’apporto di volontari e operatori professionali che ispirano il loro operato ai valori della società civile, cura della persona e al modello di economia del dono. In sintesi, vogliamo contribuire al miglioramento della qualità di vita e alla riduzione della povertà nella nostra comunità”.
I progetti avviati quali sono?
Faber Academy, che ha lo scopo di riportare al centro l’artigianalità e di favorire lo sviluppo di professionalità a rischio di scomparsa, rinnovandole in una nuova dimensione di sostenibilità, inclusività e partnership. Bazar Solidale – “Da una mano all’altra”, basato sulla raccolta e il riutilizzo di beni donati da cittadini e da realtà economiche e commerciali del territorio, declinato in tre punti vendita: via Marconi 21, via San Nazaro 27 e 25, dove trova spazio il BambiBazar dedicato ai bambini. Sartoria Solidale – “Fili di Bene”, un laboratorio artigianale per nuove creazioni, riparazioni e modifiche sartoriali. “Alba Sposa”, un atelier solidale che mette a disposizione abiti nuziali second-hand che ci vengono donati e che, grazie all’abilità della nostra sartoria, diventano modelli unici. Poi c’è Casa Rinascita, nel quartiere Santa Lucia, che offre alloggio temporaneo gratuito a famiglie in difficoltà segnalate dai servizi sociali, dando loro il tempo necessario per uscire da situazioni di grave emergenza. Infine la Borsa di studio “Carla Guglielmi” per tesi di laurea o dottorati, dedicati alla terapia assistita con il cavallo: ad oggi sono stati premiati sei neo-laureati”.
Signor Dal Corso, ha dedicato mezzo secolo al servizio degli altri. Se tornasse giovane lo rifarebbe?
“Molte cose non le farei più. O meglio: con la maturità, le farei in modo diverso. Ma se penso a quante belle persone ho incontrato, sia come volontari che come uomini e donne ai quali abbiamo dato aiuto, rifarei tutto. Io mi considero un privilegiato, perché godo di buona salute, ho una bella famiglia con sei nipoti adorabili, e una serenità d’animo che mi viene dall’essermi messo a servizio di chi aveva più bisogno. A volte penso che anche i miei nipoti li guardo con occhi diversi, da quelli che avrei avuto se avessi pensato solo a me stesso, alla mia carriera, al mio profitto”.
Quindi nessun rimpianto?
“Nessuno. E parlo anche per mia moglie, che ha sempre condiviso tutte le mie scelte. La serenità che abbiamo oggi è impagabile. Però un ringraziamento va a tutte le persone straordinarie che ho incontrato nel corso degli anni, che hanno dato un senso a tutto quello che abbiamo condiviso a servizio dei meno fortunati”.
Rossella Lazzarini