Le case di riposo, sia pubbliche che private, accolgono pazienti sempre più gravi, visti i tempi di degenza molto ridotti nelle strutture ospedaliere. Per questo, l’Istituto Assistenza Anziani di Verona, che copre circa il 33 per cento del fabbisogno di ricovero della cittadinanza anziana, ha tenuto un corso di formazione altamente specializzato al Centro Monsignor Carraro in lungadige Attiraglio, incentrato su come affrontare le emergenze cliniche che nascono appunto nelle case di riposo.
“Siamo ridotti a dover contare quello che viene dato economicamente, applicando il massimo della concretezza” ha dichiarato la presidente dell’Istituto Anna Maria Leone, invitando chi deve dare risposte a stare con i piedi per terra. “Serve un cambio culturale per capire definitivamente che il fondo nazionale per la non autosufficienza non basta. I risparmi vanno fatti in altre voci, per rimettere al centro le politiche sociali. La civiltà di un Paese si misura anche dal garantire un fine vita dignitoso alle persone”.
Dal 2013 i pazienti non autosufficienti accolti a Villa Monga e nelle altre sedi dell’Istituto sono cresciuti sempre di più, tanto che oggi sono addirittura 580. Soltanto 100 sono invece autosufficienti. Allo stesso tempo, se fino al 2013 il 95 per cento dei pazienti era aiutato da fondi regionali, ora solo il 70 per cento dei pazienti ricevono l’impegnativa sanitaria, costringendo le case di riposo ad aumentare la retta.
Sottolinea Leone: “Non mancano i posti letto, ma i fondi. Per le famiglie è sempre più complicato coprire l’intera retta, che in totale è di 119 euro al giorno. Il nostro istituto ha quindi deciso di far pagare al massimo 78 euro per paziente”.
Il convegno, rivolto ad ampio raggio a operatori socio-sanitari, infermieri, educatori, fisioterapisti, medici, psicologi, logopedisti e dietisti dell’Istituto e delle strutture del territorio, è stato moderato da Mauro Zamboni, ordinario di Geriatria all’Università degli Studi di Verona, che ha evidenziato la necessità di formare chi lavora sul campo, non solo i medici, ma soprattutto gli infermieri.
“Negli ultimi anni gli anziani sono sempre più affetti da patologie importanti e necessitano di dimissioni protette”, ribadisce. “Si evidenzia quindi la necessità di strutture in cui i pazienti possano rimanere degenti per un periodo successivo al ricovero in ospedale, dove vi sia adeguata assistenza sia medica che infermieristica”.
L’incontro è quindi entrato nello specifico. Si sono trattati i principali casi di patologia clinica, di terapia e riabilitazione delle emergenze sanitarie che si manifestano con maggior frequenza nelle fasi avanzate della vita. Ovvero in quella fascia di età in cui emergono criticità diffuse nell’organismo, tali da richiedere interventi rapidi ed efficaci al controllo dei sintomi.
Si è parlato poi di emergenze internistiche come l’insufficienza respiratoria, il dolore toracico, e la riabilitazione cardiorespiratoria, ma anche di emergenze neurologiche quali il delirium, l’ictus e le insufficienze cerebro vascolari transitorie, e di come, quando e perché affrontare una riabilitazione neuromotoria.
“Le strutture per anziani devono garantire rapidità di intervento e capacità di collaborazione tra le diverse competenze presenti. Abbiamo tutti l’obbligo morale di affrontare l’emergenza in maniera corretta”, conclude Nicolò Rizzuto, presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto Assistenza Anziani che, con il suo Consiglio di Amministrazione, punta a stimolare l’attenzione verso l’importanza di un corretto approccio alle possibili emergenze mediche che si presentano nella quotidiana attività di una struttura residenziale per anziani non autosufficienti.