L’ultimo incontro con i dirigenti amici per la consueta riunione dell’Azzanese per programmare la settimana di attività c’era stato giovedì scorso: da un po’ Graziano Mazzi aveva detto “invece di trovarci in sede, ogni giovedì ci troviamo a casa mia”. Aveva qualche problema di salute, ma non lo dava a vedere, operativo sino all’ultimo. Nel nome, Graziadio, il presidente di una società nata nel 1946, aveva tanto del suo essere, uomo gentile e generoso, pronto ad aiutare, umanamente e anche economicamente chi bussava alla sua porta. Ha lasciato, a 76 anni, i suoi amati ragazzi e la famiglia. Da quando aveva avuto il Covid, all’inizio della pandemia, aveva qualche problema, ma sino all’ultimo, ha lavorato per l’Azzanese come niente fosse.
Graziano Mazzi è stato il secondo presidente dell’Azzanese. Aveva preso il testimone quarantuno anni fa da Cesarino Stanzial, col quale da tempo collaborava. Ha proseguito la tradizione con dedizione e impegno pressoché totali. Ora la società si presenta alle gare con i Giovanissimi, perché è sempre più difficile reclutare ragazzi, ma per gran parte della sua storia ha sempre seguito tutte le categorie giovanili, qualche volta anche con gli juniores. La vittoria di Michele Scartezzini al campionato regionale juniores è quella rimasta maggiormente nei ricordi della società, così come un 2° posto nella Coppa Adriana, mentre ora si gioisce per la presenza nell’élite femminile di Debora Silvestri, cresciuta nella società biancoverde, particolarmente attenta al ciclismo rosa e sempre impegnata anche nell’organizzazione gare.
Graziano, però, non ha mai guardato tanto ai risultati, quelli venivano in secondo ordine, per perseguire, soprattutto, il fine di far crescere con gradualità i ragazzi. Lui insegnava, soprattutto, l’educazione, il rispetto per gli altri, a cominciare dagli avversari, all’impegno che i ragazzi dovevano avere nella scuola, prima che in bici. Era contento quando riscontrava queste qualità perché sono quelle che aiutano a diventare uomini migliori.
Graziano Mazzi mancherà tanto al ciclismo veronese che perde un uomo e un dirigente di qualità.
R.P.