Quali sono i margini entri quali possono muoversi le aziende nella questione relativa al vaccino anticovid? Come gestire il delicato aspetto dell’obbligatorietà o meno per il lavoratore di sottoporsi alla vaccinazione? Su questi temi di recente Confcooperative Verona ha promosso un convegno via webinar per le proprie associate che ha avuto come relatori il Dott. Antonio Gesumunno, Magistrato e Presidente Sezione Lavoro Tribunale di Verona, la Dott.ssa Cinzia Spinarolli, Responsabile Vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro di Verona e la Dott.ssa Stefania Marconi, Direttore dell’INAIL di Verona. Sotto la lente d’ingrandimento i diritti e i doveri dei lavoratori soci e non, le responsabilità della Cooperativa rispetto la condizione sanitaria dei propri dipendenti, dei soci e nei confronti di terzi assistiti (Cooperative Sociali).
La conclusione è che, di fatto, lo scenario nel quale le aziende dovranno muoversi resta caratterizzato da notevole incertezza, senza nessun riferimento normativo preciso a fronte delle innumerevoli richieste provenienti dal territorio. Il dott. Gesumunno, commentando la mancanza di certezze nell’attuale campagna vaccinale, ha anticipato “che la posizione del Tribunale sarà prudenziale in caso di rifiuto alla vaccinazione, e il licenziamento per giusta causa rappresenta l’estrema ratio”.
L’articolo 32 della nostra Costituzione stabilisce infatti che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e ad oggi, non è presente nessuna norma con effetti legislativi che renda obbligatoria la vaccinazione contro il Covid-19, nonostante il vaccino sia, ad oggi, l’unica alternativa valida a combattere il virus. “Alcune regioni si stanno muovendo nell’ambito delle loro competenze per alzare i livelli di sicurezza e dei reparti più delicati nelle strutture ospedaliere. – sottolinea la vicepresidente
di Confcooperative Verona Erica Dal Degan – Il Consiglio regionale della Puglia, per esempio, ha recentemente approvato l’estensione dell’obbligo di vaccinazione antiCovid a quanto previsto dalla legge regionale 27/2018, che limita l’accesso ad alcuni reparti agli operatori sanitari non vaccinati per diverse malattie (come epatite B, morbillo, parotite, rosolia, varicella, difterite, tetano, pertosse, influenza e tubercolosi). Viene dunque inibito l’accesso ai reparti degli istituti di cura agli operatori sanitari se non vaccinati”.
“Per quanto ci riguarda però – continua Dal Degan – non potremmo in ogni caso sospendere gli operatori che decidono di non vaccinarsi contro il SARS-COV2 perché siamo in una situazione di estrema criticità legata alla carenza di figure professionali sanitarie (operatori socio-sanitari e infermieri professionali) a causa dell’emorragia causata dalle assunzioni di queste figure da parte di Azienda Zero, per far fronte alle difficoltà negli ospedali di tutto il Veneto.Ma gli operatori sociosanitari sono figure strategiche per la sopravvivenza dei servizi socio-assistenziali del terzo settore: sospendere dal lavoro chi non si vaccina significa di fatto interrompere l’erogazione dei servizi. Ne consegue – conclude – che su questo tema, difficile e complesso anche per le questioni legati alla privacy, sarebbero auspicabili direttive chiare, che tengano conto di tutti gli aspetti che entrano in gioco, e prioritariamente quello della salute pubblica”.