Non stupisce tanto che Verona sia stata esclusa dalle finaliste che ambiscono al titolo di capitale della cultura 2022. Non stupisce, nell’Italia dei campanili, nemmeno che Verona non sia entrata neanche tra le prime 10, superata da Ancona, Bari, Cerveteri, L’Aquila, Pieve di Soligo, Procida, Taranto, Trapani, Verbania, Volterra. Stupisce semmai (anche se dovremmo averci fatto l’abitudine) la fame dei politici nostrani di ambire a titoli fumosi di cui la città non ha bisogno. Di più: per certi versi sono dannosi. Che bisogno ha la quarta città turistica d’Italia di attrarre nuovi turisti? Nel mondo pre-Covid non ce n’erano già abbastanza? Le vie del centro scoppiavano d’estate e d’inverno. Tra Corso Porta Nuova e Ponte Pietra ormai si parlava solo inglese, russo, tedesco, giapponese, cinese. L’italiano aveva l’accento romano, piemontese, siciliano. Ma tant’è: destra, sinistra, centro, i nostri amministratori – pochissime le eccezioni – hanno la frègola di appuntarsi al petto medaglie di latta, soprattutto quando di mezzo c’è la cultura, argomento di punta in campagna elettorale. Ed è stato proprio in campagna elettorale, nella primavera del 2017, che Vittorio Sgarbi aveva sconsigliato al futuro sindaco Sboarina di candidare Verona a capitale della cultura. Riavvolgiamo il nastro. “Suggerisco di rinunciare. Il gesto più intelligente che può fare è dire: ‘Noi siamo già Verona’. Sarebbe il segnale di una città forte che non ha certo bisogno di essere capitale della cultura. E’ una cosa senza senso, inutile. Un conto è se fosse il ministero che sceglie Verona, un atto di nomina. Ma Verona può essere capitale della cultura senza mettersi in competizione con Catanzaro, Casale Monferrato o Valdobbiadene. Candidarsi a capitale della cultura è quasi un insulto: come il ricco che pretende i tram gratis. Si creano contrapposizioni ridicole. E’ folle ad esempio pensare che Venezia perse contro Matera. Il rischio di farsi sbeffeggiare è troppo alto, e quel milione di euro che ti arriva se vinci Verona lo può trovare in altro modo”. Per Sboarina, invece, era “una grande chance, un’occasione forse unica e irripetibile”. Inevitabile che la sinistra, alla notizia della sonora bocciatura di Verona, non abbia perso un secondo per attaccarlo. Per Federico Benini (Pd) “quando un’amministrazione ha come unico scopo quello di fare lo stadio nuovo e nel mentre è solo occupata a pensare come trovare un posto nelle partecipate agli amici di turno, ecco cosa accade”. Michele Bertucco (Verona e Sinistra in Comune): “’L’amministrazione aveva annunciato in pompa magna la partecipazione al bando, ma grazie alla loro incapacità Verona non c’è pur essendo una città che è l’unica al mondo a essere dantesca e scespiriana”. Tommaso Ferrari (Traguardi): “Un fallimento annunciato in partenza: nel progetto non c’era nessuna spinta innovativa. E’ mancato il coraggio”. Patrizia Bisinella (Fare): “Ennesimo fiasco, uno smacco totale”. Sboarina e l’assessore alla Cultura Briani hanno respinto le accuse al mittente spiegando che i progetti restano comunque validi, che i “22 luoghi da rigenerare si tradurranno in una dimensione culturale inedita già dal prossimo anno” Speriamo e facciamo il tifo. Sfugge però il punto, sia alla maggioranza che all’opposizione: Verona, a questa competizione, non avrebbe dovuto partecipare. Un fuoriclasse, se è tale, non compete per il titolo della parrocchia.
Home La Cronaca di Verona L’aveva detto. “Verona capitale della cultura? Progetto inutile, quasi un insulto”