“Dottoressa mi gioco anche questa carta, ma così sa, giusto per scrupolo… Con me tanto non c’è speranza, io purtroppo sono fatto così e non c’è niente da fare….” . Vi sono delle persone che si presentano, più o meno, con queste frasi al loro primo colloquio, si rivolgono a uno psicologo chiedendo un sostegno o una psicoterapia per cambiare, mettendo però subito in chiaro che però non riusciranno! Può sembrare una richiesta paradossale, eppure capita più spesso di quanto si possa pensare. Tali ragionamenti, sono il frutto di una concezione che si è strutturata nella mente conosciuta come learned helplessness che tradotta significa impotenza appresa. Si tratta della convinzione che, qualunque cosa facciamo, non otterremo mai un risultato che possa farci uscire dall’impasse che stiamo vivendo. Tale condizione è una sorta di gabbia psicologica che non solo ci allontana pian piano dalla realtà, ma arresta drammaticamente anche ogni possibilità di movimento verso un cambiamento. Il concetto di impotenza appresa lo si deve allo psicologo Martin E.P. Seligman che lo sviluppa a partire dal 1972 e affonda le sue radici nel modo in cui l’essere vivente, non solo umano, affronta quotidianamente le sfide che la vita gli presenta. Il senso di impotenza appresa, è uno stato mentale che viene acquisito dopo che la persona ha imparato con la propria esperienza che, nonostante i suoi tentativi, non può controllare in alcun modo certe situazioni. Pertanto, quando si trova di fronte a situazioni o compiti analoghi, può arrivare a rinunciare a priori alla speranza di raggiungere il successo e disinvestire sui tentativi di raggiungerlo. Il sentirsi incapaci e impotenti di fronte a determinati eventi avrebbe origine da precedenti insuccessi personali, da cui deriverebbe poi la paura di non sentirsi all’altezza e verrebbe meno ogni senso di autoefficacia. Così pensando, si genera una spirale rischiosa in cui inadeguatezza, passività, sopportazione e rassegnazione, aumentano la probabilità di sperimentare effettivamente nuovi fallimenti, riportando gravi conseguenze sul tono dell’umore e sull’ansia. Le previsioni, specie quelle di matrice pessimistica, si ricollegano a un noto meccanismo psicologico, ossia quello delle profezie che si auto-avverano. Al contrario di quanto la persona con learned helplessness possa pensare, con l’aiuto di un professionista si possono imparare a gestire le sensazioni di inadeguatezza e di impotenza, comprendere le emozioni connesse e leggere le proprie reazioni da un altro punto di vista. Lo specialista, all’interno di un percorso psicologico, potrà supportare il paziente nel riconoscere i suoi pensieri appresi e divenuti nel tempo automatici come il “non so fare niente”, “non ci riuscirò mai”, comprenderne i collegamenti con le esperienze vissute, trovare alternative alle interpretazioni pessimistiche, allenare il proprio senso di autoefficacia, potenziare l’autostima e stimolare il self-empowerment. Del resto, così come il paziente ha acquisito a suo tempo un senso di impotenza, può ora imparare ad apprendere un senso di capacità, coltivando uno stile di pensiero più consapevole e operando scelte autentiche e in grado di dare una gratificazione ai bisogni.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta