L’Ancap con l’incubo della Tav: “Da anni aspettiamo risposte”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota proveniente da Ancap, l’azienda di Sona fortemente condizionata dai lavori per la realizzazione della Tav.
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Ieri a Lonato una cerimonia ha segnato l’avvio anche formale dei lavori della linea ferroviaria ad alta velocità tra Brescia e Verona. La presenza del ministro e degli assessori regionali, degli amministratori locali, del vertice di FS e delle imprese appaltatrici conferma l’interesse pubblico su quest’opera strategica, la cui realizzazione procede su una corsia preferenziale. Come imprenditori e cittadini siamo consapevoli dell’importanza che le opere infrastrutturali come la Tav rivestono per la crescita economica del Paese. Ma sottolineiamo che questo progresso riguarda tutti e non deve lasciare indietro nessuno. Ancap invece, proprio a causa della Tav, si trova da anni bloccata nel processo di innovazione e sviluppo indispensabile per un’azienda. E oggi vede messa drammaticamente a rischio la propria stessa sopravvivenza, insieme al lavoro degli oltre cento dipendenti e alla sicurezza sociale delle loro famiglie.
Da 17 anni, nonostante una delibera del CIPE imponga di garantire continuità alla produzione, si sono susseguiti vincoli di esproprio che hanno impedito ad Ancap di investire per migliorare la struttura e gli impianti. Era stato deciso il trasferimento dell’azienda, una soluzione definita da tutti la sola praticabile. Poi però è stato prospettato di mantenere la sede attuale, soluzione di comodo che non risolve e aggrava i problemi. E ormai da mesi la trattativa rimane bloccata, mentre le condizioni per operare si stanno progressivamente deteriorando.
Chiediamo quindi alla politica, agli enti locali, alle imprese appaltatrici e a chi gestirà quest’opera, a chi ha a cuore l’occupazione e sente la responsabilità per il territorio, di intervenire prima che sia troppo tardi perché Ancap sia messa in condizione di avere ancora un futuro di crescita, di rinnovarsi e di competere. Rispettare gli accordi e curare le ferite rimaste aperte deve tornare a essere una priorità condivisa”, scrive Simone Boschini, titolare della storica azienda di Sona, che attende da anni una risposta per poter programmare il suo futuro.