L’addio al “Mozart del gol” I "giorni della memoria", il sacrificio di Mathias Sindelar, "suicidato" dalla Gestapo

Ironia della sorte, l’ultima volta che si allacciò le scarpe bullonate lo fece a Berlino il giorno di Santo Stefano del 1938, il «suo» Austria Vienna sfidava l’Hertha. Segnò anche quella volta Mathias Sindelar, come per far vedere ai tifosi tedeschi cosa avevano perso. Perché Cartavelina (così era soprannominato l’attaccante della Grande Austria) aveva detto no alla nazionale di Hitler. Rifiutando di fare più forte una Germania in espansione totale: militare, economica, ma anche
sportiva.

LA GRANDE AUSTRIA. Con Sindelar nasce il Wunderteam, una nazionale destinata a segnare un’ epoca: dal maggio 1931 all’ aprile 1933 l’Austria guidata da Cartavelina (che in tedesco suona der Papierene) raccoglie una serie impressionante: 16 partite, 12 vittorie 2 pareggi e solo 2 sconfitte, 63 reti segnate, 20 subite. In quell’epoca Matthias pensa solo a tenere sotto controllo il ginocchio destro (che portava fasciato) e dribblare gli avversari. La Germania, che 4 anni prima era di bronzo – si pensa -, con l’inserimento dei più forti giocatori austriaci, a cominciare da Sindelar, può puntare alla Coppa Rimet, che di lì a poco si giocherà in Francia. L’Austria, che quel giorno va in campo per l’ultima volta con la sua maglia biancorossa, sa già che non potrà disputare il Mondiale. L’annessione ha escluso Sindelar e compagni da quell’ appuntamento, ci sarà solo la Grande Germania.

LA SFIDA. Si gioca Austria-Germania, un inno alla propaganda. Sindelar non si smentisce neppure in campo quel 3 aprile 1938. Ubriaca i tedeschi in campo e li sfida fuori: segna il decisivo 2-1 e disputa una delle sue partite più belle. Alla fine il rigido protocollo impone il saluto ai gerarchi presenti in tribuna. Non tutti alzano il braccio teso davanti agli occhi: Sindelar e Karl Sesta rifiutano. Dietro quel rifiuto si sta per chiudere anche la vita di Sindelar: Alcuni compagni ebrei scelgono di giocare con la Germania, ma dopo il rovescio francese (eliminazione negli ottavi da parte della Svizzera) scappano all’estero.Per Mathias c’è l’ultima partita a Berlino, l’ultimo gol, l’ultimo mese di vita, prima di un presunto suicidio il 23 gennaio del 1939, a neppure 36 anni.

FU OMICIDIO. La versione ufficiale fornita è «avvelenamento da monossido di carbonio». Ma la tesi appare dubbia: qualcuno ha parlato di suicidio, altri di omicidio (da parte della Gestapo), altri ancora di incidente. Comunque la polizia austriaca archivia il caso in fretta. Dopo la guerra sparisce anche l’incartamento legato alla vicenda Sindelar. Restano i suoi gol, il suo genio calcistico, il suo fiero rifiuto di piegarsi alla violenza e all’arroganza del nazismo.