“La vicenda Hera-Asco Piave è l’ennesima dimostrazione della mancanza di una visione strategica delle amministrazioni locali e regionali venete nel settore delle multiutility”. Lo afferma Federico D’Incà, deputato veneto del Movimento 5 Stelle, in merito all’accordo sancito tra la multiutility bolognese e la società con sede a Pieve di Soligo, distributrice di gas metano naturale. Un’intesa che permetterà di raggiungere oltre un milione di clienti nel Nord Est. Secondo D’Incà, “il Veneto si sta dimostrando sempre più una terra di conquista, una prateria dove poter scorrazzare tranquillamente, nell’assordante silenzio del Presidente Zaia e delle grandi amministrazioni comunali. Siamo in una fase in cui si discute soltanto di autonomia, con continui attacchi al M5S e dove molti parlano senza nemmeno aver capito cosa si possa o meno fare dal punto di vista costituzionale. Nel frattempo, il Veneto conta sempre meno e dimostra l’incapacità di visione di chi sta governando oggi. La mancanza di una grande multiutility del Veneto dimostra il fallimento del posizionamento strategico, soprattutto nel settore energetico del Nord Est”. Il deputato del Movimento 5 Stelle analizza i numeri e le conseguenze: “L’accordo siglato per la creazione di un unico operatore per le attività commerciali nelle regioni del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, gestirà circa 795 mila contratti gas e circa 265 mila contratti elettrici, superando così la soglia del milione di contratti, ma grazie a questa operazione, Hera raggiungerà in anticipo i 3 milioni di clienti nelle attività commerciali energy, fissato nel piano industriale al 2022. Questa si chiama strategia. E intanto, in Veneto, si rimane a fare gli spettatori e a celebrare i successi degli altri, aspettando che Hera passi alla conquista delle utility di Verona e Vicenza”. “Sono convinto che l’autonomia arriverà, ma alla fine sarà una vittoria di Pirro con un Veneto senza banche, conquistato nelle sue multiutility, con l’acqua inquinata dai Pfas e la ‘testa’ delle sue grandi aziende ormai stabili a Milano. È un’altra ‘Caporetto’, figlia del ‘nanismo’ politico veneto. Ma, fortunatamente, la storia, alla fine, dirà chi sono stati i colpevoli – conclude D’Incà –”.