L’aborto oggi, a che punto siamo? La Mostra di Venezia ripropone un tema sul quale urgono interventi e grande sensibilità

Mentre in Italia celebriamo Paolo Sorrentino per aver conquistato il Leone d’argento alla mostra del cinema di Venezia, quello d’oro lo ha conquistato Audrey Diwan: 41 anni, regista, scrittrice, sceneggiatrice francese di origini libanesi, è la sesta donna a vincere in 78 edizioni.
Ha vinto mostrando fisicamente uno di quei temi di cui non si parla mai: l’aborto.
“L’événement” racconta di una studentessa universitaria costretta ad abortire clandestinamente, in condizioni estreme e a rischio del carcere, nella Francia del 1963, ma riporta in superficie anche uno spaccato della società italiana del tempo, in cui conquiste che credevamo ormai assodate sono oggi rimesse in discussione.
In Italia, alcune Giunte regionali, come quelle di Marche e Abruzzo, sfruttano le zone grigie della legge 194 del 1978 per impedire nei fatti un aborto civile, rifiutandosi di seguire le nuove linee di indirizzo ministeriali sull’aborto farmacologico e svuotando così di significato il riconoscimento giuridico dei diritti riproduttivi.
In queste regioni, alle donne che scelgono di interrompere una gravidanza viene impedito di assumere la pillola abortiva RU486 nei consultori, nelle strutture ambulatoriali o in day hospital, sulla base di motivazioni antiscientifiche, impedendo dunque alle persone di esercitare il proprio legittimo diritto di scelta riguardo al metodo a cui poter ricorrere per interrompere una gravidanza.
Si moltiplicano anche i bandi che vogliono favorire le associazioni no-choice all’interno dei consultori.
A Verona i tentativi contro la legge 194 di Zelger e della destra integralista vicino a Meloni e Salvini si ripetono ciclicamente.In Regione Lombardia è stata bocciata, a febbraio, la proposta di legge di iniziativa popolare “Aborto al Sicuro”.
In Molise il 92% dei medici sono obiettori di coscienza. A Bolzano si arriva all’87% mentre in Abruzzo, Puglia, Basilicata e Sicilia si supera l’80%.
Nel corso dell’inchiesta “In nome di tutte” lanciata pochi mesi fa da L’Espresso, centinaia di donne hanno raccontato le violenze fisiche e psicologiche a cui sono state sottoposte per mano delle istituzioni pubbliche italiane.
Per quanto riguarda le pratiche clandestine di aborto, i sistemi di rilevazione statistica sono inadeguati. Nel 2016 il legislatore ha depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza clandestina, al contempo però innalzando in misura sproporzionata la sanzione pecuniaria. L’ammontare della sanzione pecuniaria in caso di aborto clandestino è passata dalla cifra simbolica di 51 euro ad una multa dai 5.000 ai 10.000 euro.
Le istituzioni scolastiche ancora oggi non hanno né linee guida chiare né fondi dedicati a programmi strutturali e continuativi sull’informazione sessuale e di educazione alla prevenzione. Bambini, bambine, ragazzi e ragazze hanno il diritto di ricevere una corretta informazione sessuale e affettiva, dal punto di vista culturale e giuridico. Come auspicato dalle leggi 405/1975 e 194/1978, è fondamentale che questi programmi diventino parte integrante dell’istruzione, responsabile dei futuri cittadini e cittadine.