Secondo diversi studi clinici, più di due milioni di italiani risentono emotivamente del cambio di stagione, fino a sperimentare una sorta di “sindrome primaverile”. Le variabili responsabili di tale disagio sono come sempre più di una. La causa principale di tale malessere è da ricercarsi nel cambiamento climatico che questa stagione tende a portare con sè, caratterizzato da frequente instabilità meteorologica, sbalzi repentini di temperature in diverse ore della giornata e accrescimento dell’intensità della luce solare. Il cambio di luce, in particolare, andrebbe ad alterare non solo il tono dell’umore disordinando i ritmi circadiani e i livelli di melatonina ma addirittura alcune funzioni cognitive come la capacità di apprendimento. Tale sindrome provocherebbe inoltre alcuni sintomi caratteristici tra cui irritabilità, aggressività, ansia, calo nella capacità di mantenere la concentrazione, stanchezza e spossatezza. Un altro aspetto di concausa, da considerare come possibile variabile legata alla sindrome primaverile, è il cosa può rappresentare uno specifico periodo dell’anno per una persona, in base ai suoi ricordi e alle sue esperienze di vita trascorse. La soggettiva lettura che una persona può dare a questa stagione, può essere legata non solo al passato ma anche a quello che tale fase potrebbe star per portare con sé e con cui ci si dovrà confrontare. I soggetti poi che, al di la della stagionalità, già soffrono di disturbi d’ansia “di base”, avrebbero la possibilità di sperimentare sintomi di grado più importante in questo periodo dell’anno e arrivare a esperire emozioni e stati d’animo particolarmente spiacevoli e disturbanti. Tra i sintomi annoverati vengono evidenziati il timore della fame/mancanza d’aria fino al poter persino rischiare di soffocare a causa di temperature ambientali percepite come troppo elevate, la paura di perdere i sensi, fino a forme di agorafobia e fobie sociali. E’ inoltre opportuno riflettere anche su un altro aspetto ovvero sul fatto che le temperature più miti, che la primavera inevitabilmente porta con sé, implicano anche il ritrovarsi a dover scoprire di più il proprio corpo e per diverse persone questo è un aspetto molto delicato. L’inverno, con i suoi vestiti caldi, pesanti e stratificati, permette infatti di mettere una sorta di barriera tra il soggetto e il mondo che lo circonda e farlo sentire più protetto e almeno apparentemente a suo agio. Alleggerirsi, in parte svestirsi, rivedersi dopo diversi mesi non è sempre semplice, soprattutto se si convive con una bassa autostima e se l’idea di sé è estremamente, o addirittura esclusivamente, legata alla propria immagine corporea.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta