Il sistema bancario italiano ha subito, negli ultimi 25 anni, una profonda trasformazione nella prospettiva, prima, e nella sua realizzazione, poi, del mercato unico dei servizi finanziari e sulla spinta della liberalizzazione dei movimenti di capitale. La riforma, realizzata attraverso la legge Amato-Carli del 1990 e la nuova legge bancaria del 1993, ha ridefinito l’intero sistema attraverso il superamento, da una parte, della banca pubblica e, dall’altro, della regolamentazione considerata – allora – eccessivamente limitativa. Incentivi normativi e fiscali hanno prodotto, così, una spinta alle concentrazioni riformando il sistema bancario con una intensità e una rapidità senza precedenti non solo in Italia ma anche negli altri Paesi europei. Dal 1990 al 2000, si sono realizzate 500 aggregazioni con il trasferimento di oltre il 40% di quote di mercato; a fine 2000, il grado di concentrazione, misurato sui primi cinque gruppi, aveva raggiunto il 50% (nel 1996 era il 35%). Questo imponente processo di aggregazioni ha naturalmente interessato anche le Banche Popolari ma non ha però ridotto la loro operatività e l’attenzione verso le esigenze dei territori e delle comunità servite. La sfida che oggi attende il Credito Popolare è quella di mantenere identità e ruolo nell’economia come nella società civile rafforzando l’interconnessione tra queste due dimensioni. L’attività bancaria è tutela e valorizzazione del risparmio e del risparmiatore. L’attività bancaria sull’altro versante è, per il Credito popolare, finanziamento dell’economia reale, crescita sociale e culturale. In dettaglio, se si esaminano i tassi d’interesse relativi ai nuovi finanziamenti alle società non finanziarie e per l’acquisto di abitazioni alle famiglie dal 2007 risulta che nel caso delle imprese, il tasso medio sui prestiti delle Banche Popolari è in linea con il dato di sistema e più alto di circa 20 basis point dalla fine del 2011, con l’unica eccezione dei primi mesi del 2015 (figura 1), mentre per le famiglie il tasso risulta più basso sempre di circa 20 basis point rispetto al dato medio nazionale (figura 2) e nel caso del credito al consumo inferiore di oltre un punto percentuale. Tuttavia, distinguendo all’interno dei finanziamenti alle imprese quelle il cui affidamento è inferiore al milione di euro (che generalmente rappresenta gli impieghi verso le PMI) da quelle sopra il milione di euro, la situazione risulta diversificata. Infatti, per le imprese più piccole e per gli importi più contenuti il costo dei finanziamenti erogati dalle Banche Popolari alla clientela risulta in linea con la media nazionale (ad essere esatti nel periodo considerato la differenza è di 10 basis point in favore delle imprese clienti delle Banche Popolari). Dove il tasso risulta superiore (circa 30 basis point) è nei prestiti sopra il milione di euro, dove si concentrano le imprese di dimensioni maggiori e più votate all’esportazione dei loro prodotti, nei quali il livello dei tassi è complessivamente più basso rispetto a quello riscontrabile per finanziamenti di importo minore. Malgrado una serie di situazioni ambientali difficili i dati mostrano come all’interno di un contesto di margini compressi, di bassa redditività e di recessione profonda del ciclo economico, le Banche Popolari abbiano operato nel mantenere il costo dei finanziamenti allineato o inferiore alla media nazionale per tutta la clientela di riferimento, ossia le piccole e medie imprese e le famiglie.