Per il referendum numero 1, la scheda è di colore rosso. La richiesta dei proponenti è di abrogare il Testo unico del 2012 in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, noto come legge Severino (dal cognome della Guardasigilli all’epoca del governo Monti).
Quel testo prevede il divieto di ricoprire incarichi di governo e l’ineleggibilità o incandidabilità a elezioni politiche o amministrative (a pena di decadenza) per chi viene condannato in via definitiva per corruzione o altri gravi reati. Secondo i promotori del referendum, una parte di quel meccanismo è inefficace e dannosa per le persone coinvolte, laddove prevede la sospensione di sindaci e amministratori locali anche in caso di sentenze non definitive. Tuttavia, l’abrogazione comporterebbe la cancellazione dell’intero testo. Chi viene condannato con sentenza definitiva potrebbe proseguire il mandato o ricandidarsi. E tornerebbe in capo alla magistratura stabilire se applicare o meno la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Secondo il costituzionalista e parlamentare del Pd Stefano Ceccanti, si tratta del «quesito intimamente più contraddittorio, poiché esiste il problema reale delle sospensioni di amministratori locali e regionali per sentenze non definitive, spesso smentite nei gradi successivi, che andrebbe eliminato.
Ma il quesito elimina per intero anche la decadenza e l’incandidabilità per le sentenze definitive». Inoltre, la riforma Cartabia non interviene su questo punto.