Si assiste sempre più a notizie di episodi di bullismo da parte di adolescenti spesso organizzati in gruppetti, le cosidette baby-gang, nei riguardi di pari, compagni di classe, conoscenti, ragazzini estranei, ma anche a vicende di particolare aggressività, dove a muoversi è anche il singolo adolescente e le vittime di atti più o meno violenti sono le figure genitoriali o comunque adulte come insegnanti, o addirittura anziani.
Tali azioni stanno suscitando nel mondo “dei grandi” sgomento, preoccupazione e interrogativi. Si cerca di rispondere allora, a tale nuova emergenza, intervenendo concretamente: inserendo pene giuridiche più severe, puntando maggiormente sulla prevenzione, cercando di favorire l’empatia verso il prossimo… Ma mentre in una parte di mondo adulto si stanno cercando pragmaticamente delle risposte, in un numero sempre maggiore di adulti si sta fomentando un atteggiamento remissivo, che in alcuni casi può arrivare a sfociare in una vera e propria fobia.
Si tratta di un fenomeno ancora poco conosciuto e di cui si parla di rado connotabile con il termine Pedofobia, da non confondere con la più tristemente nota Pedofilia, ovvero l’interesse sessuale patologico verso i minori.
Se la Pedofobia, dal greco pais, bambino e fobos, paura, indica il terrore generico e persistente nei confronti dei bambini e degli adolescenti a prescindere dal loro comportamento, una sotto forma sembra essere causata proprio da episodi agiti e connotati da aggressività, irrispettosità e prepotenza.
Tale fobia può generare in chi la sperimenta stati d’ansia e stimolare sintomi psicofisici come palpitazioni, sudorazione intensa, vampate di calore o di freddo, respiro corto, vertigini, nausea, angoscia, tensione muscolare… Alla base di tutto la sensazione di non avere il potere di fare nulla, davanti a ragazzi o ragazzini che sembrano mancare di riferimenti, nonchè di solidi valori sociali e morali da perseguire.
Gli studi in tal senso evidenziano spesso la labilità del ruolo genitoriale, che vede come protagonisti mamme e papà troppo impegnati e stanchi nel momento del rientro a casa da eccedere con il permissivismo. Si rischia così all’interno delle famiglie di rimandare continuamente il momento dei no, per arrivare poi a fare i conti con adolescenti, che non solo non sanno rispettare regole e confini, in quanto poco conosciute e sperimentate ma, che con il loro atteggiamento arrivano persino a intimorire.
I profondi cambiamenti che si vivono in adolescenza innescano nei ragazzi nuove reazioni e vissuti dirompenti che gli stessi non sanno ancora collocare e che possono sopraffarli, soprattutto se non hanno appreso fin da piccoli a tollerare le frustrazioni. In tal modo, al giorno d’oggi, si può arrivare ad avere paura anche dei giovani, di coloro che saranno il “nostro futuro”, e che di norma non dovrebbero certo incutere tale emozione, che se protratta e cronica può diventare psicopatologica.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta