La Pala di San Zeno, bellissima opera di Andrea Mantegna, si trova sull’altare maggiore dell’omonima basilica di Verona ed è uno dei punti più alti dell’arte sacra rinascimentale italiana.
L’opera venne realizzata nella prima metà degli anni Cinquanta del Quattrocento, la ed è un’opera fondamentale della storia dell’arte italiana per diversi motivi: da un lato, infatti, sancisce il raggiungimento della piena maturità artistica del suo autore, Andrea Mantegna, dall’altro, riesce a eliminare il distacco fisico tra osservatore e soggetto, rendendo impossibile stabilire cosa sia reale e cosa, invece, solo fittizio. Anche la persona meno esperta di sente coinvolta da questo capolavoro non appena entrati nella chiesa di Verona che da sempre la ospita.
Pala di San Zeno: un po’ di storia
Andrea Mantegna ricevette l’incarico di dipingere la Pala di San Zeno per la basilica veronese attorno al 1456 da colui che allora era l’abate Gregorio Correr. La storia dell’opera venne ricostruita dagli storici dell’arte grazie ad alcuni carteggi ritrovati, tra l’artista e Ludovico III Gonzaga, marchese di Mantova. Il Mantegna ci mise circa tre anni a realizzare che venne collocata sull’altare della chiesa il 31 luglio del 1459. Fu un’impresa monumentale e costosa, visto che Mantegna continuò a ricevere i pagamenti fino all’inizio dell’anno successivo.
Come molte altre opere a Verona, e nel resto d’Italia anche gran la Pala di San Zeno fu oggetto delle spoliazioni di Napoleone Buonaparte durante la della d’Italia del 1797. In quell’anno, il capolavoro venne spostato a Parigi, dove rimase conservato al Louvre fino al 1815. Gli accordi della Restaurazione, tuttavia, gli permisero di fare rientro a casa, anche se mancante di alcuni suoi elementi: la predella che oggi è possibile ammirare, ad esempio, è una copia successiva firmata da Paolino Caliari.
Come accade spesso negli oggetti d’altare, anche la Pala di San Zeno di Mantegna è un’opera complessa in cui ogni pannello è stato dipinto con diverse scene di carattere ovviamente sacro. Nella parte superiore dell’ opera infatti, compaiono una Madonna col Bambino centrale attorniata da angeli; a destra e sinistra, invece, sono state inserite otto figure di santi distribuite equamente.
Maria appare seduta su un trono riccamente decorato a rilievo, posizionato sopra un tappeto lussuoso proveniente da Oriente; alla sua destra sono disposti San Pietro con le chiavi della Chiesa, San Paolo con la spada, San Giovanni Evangelista e San Zeno, titolare della basilica; a sinistra, poi, compaiono San Lorenzo identificato con graticola e palma del martirio, San Gregorio Magno nelle vesti del papa, San Giovanni Battista nella classica iconografia da eremita e San Benedetto vestito da monaco.
Ciò che rende il tutto impressionante è la precisione prospettica con cui sono stati rappresentate le figure attraverso un attento studio della collocazione finale dell’opera, infatti, Mantegna è stato in grado di far proseguire le architetture reali del luogo, permettendo ai personaggi di entrare a far parte dello spazio fisico.
Come ormai era tradizione nella pittura, in basso era stata disposta una predella che, tuttavia, non ha mai fatto ritorno dalla Francia. La riproduzione fedele è ora a Verona, mentre i pannelli originali sono conservati in Francia.
Cosa rappresentano i tre scomparti
I tre scomparti rappresentano gli episodi salienti della vita di Cristo:
- l’Orazione nell’orto che sullo sfondo mostra una Gerusalemme resa con edifici romani e veneziani;
- la Crocifissione i cui personaggi sono trasfigurati dal dolore e dal dramma;
- La Resurrezione, dove corpi e abiti sono stati presi direttamente dall’arte classica;
- Da ultimo, sono anche importanti gli elementi lignei che fanno da cornice alle scene figurate: si tratta infatti di legno intagliato secondo le indicazioni dello stesso Mantegna, per far sì che la componente tridimensionale potesse creare un gioco di illusione ottica nell’occhio dello spettatore. Il tutto è stato decorato in foglia d’oro e blu d’Alemagna, tanto da dare ancor più ricchezza e opulenza al manufatto.
La Pala di San Zeno è un capolavoro di composizione e di carpenteria, ma anche di stile. Siamo alla fine del periodo padovano di Mantegna che, coincide con il raggiungimento della piena maturità artistica. Le architetture dipinte hanno finalmente assunto una tridimensionalità mai vista prima, permettendo agli elementi strutturali fisici di proseguire idealmente tra le scene sacre rappresentate.
L’osservatore viene portato all’interno del soggetto dallo sguardo diretto di San Pietro, intento a osservare gli astanti. La posa di ciascun personaggio è plastica e reale, tanto che sembrano prendere vita e uscire dall’opera per partecipare alla funzione. La proverbiale dimestichezza di Mantegna con la luce e il pigmento, infine, ha qui il suo primo esempio meglio riuscito.