Quando torneremo alla “normalità”? Questa è la domanda che assilla gli italiani da oltre un anno. La popolazione ripone ora le sue speranze sugli effetti della campagna vaccinale. Ecco cosa dicono i dati e le proiezioni sull’evoluzione dell’epidemia di Covid-19 nel nostro Paese.
Uno studio del ricercatore Matteo Villa dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) in esclusiva per Dataroom, prova a rispondere al quesito tenendo conto di una serie di modelli matematici e delle previsioni sulle capacità di vaccinare la popolazione nei prossimi mesi. La data a cui si giunge tenendo conto di una serie di complesse variabili è quella del 25 giugno.
Se l’obiettivo ottimale teorico, quello dell’immunità di gregge, è molto complesso da raggiungere (considerata l’efficacia dei vaccini in circolazione, pur molto alta, si dovrebbe pensare di arrivare al 97% dei vaccinati), la strada da percorrere è quella della famosa “convivenza col virus”. La convivenza si otterrà laddove il tasso di letalità scenderà a livelli sostenibili (quella che Andrea Crisanti ha recentemente definito “accettabilità sociale della malattia”), e cioè, secondo l’ISPI, lo 0,1% – sovrapponibile a quello dell’influenza stagionale – dall’attuale 1,15%.
Per abbassare il tasso di letalità, cruciale sarà vaccinare per tempo la popolazione sopra i 70 anni. Si deve considerare infatti che nella fascia 80-89 anni il tasso di letalità senza vaccino è del 7,3%, sceso già al 5,3% con i vaccini fin qui inoculati, mentre per la fascia 70-79 anni è attualmente del 2,8%, sceso di poco a causa del numero ancora molto basso di vaccinati.
La data del 25 giugno, dunque, è da “segnare in rosso” sul calendario, ma solo nell’ipotesi in cui l’Italia riceva effettivamente le 52 milioni di dosi previste, che la capacità di vaccinare sarà effettivamente passata da 130 mila a 300 mila al giorno come annunciato dal commissario straordinario Figliuolo, e che le note polemiche sul vaccino AstraZeneca non producano ulteriore diffidenza e, quindi, rinuncia al vaccino.
Ma cosa succederà, ad esempio, se le aziende farmaceutiche non rispetteranno i termini di consegna? Lo studio ipotizza uno scenario per il quale le somministrazioni tra aprile e giugno saranno dimezzate rispetto a quelle previste. In tal caso, il tasso di letalità dello 0,1% sarà raggiungibile soltanto a metà agosto e, per anticiparlo, si dovrà mutare radicalmente strategia: non più vaccini suddivisi anche per professioni, ma precedenza assoluta alle fasce d’età più a rischio e alle persone fragili. Uno dei punti più discussi della strategia vaccinale italiana, infatti, è stata quella di dare la precedenza a una serie di categorie e professioni che lavorano a contatto col pubblico, indipendentemente dall’età. Questo ha condotto a effetti paradossali: ad esempio, la fascia 70-79 anni, pure molto colpita per letalità, ha visto vaccinare all’8 marzo appena il 2,9% della popolazione, contro, ad esempio, il 6,3% della fascia 30-39, che ha invece un tasso di letalità molto basso.