Mentre l’ayatollah Khalkhali (il Robespierre privato di Khomeini) eseguiva la sanguinaria epurazione degli uomini del regime, il potere nel Paese fu di fatto assunto da Khomeni, capo in quel momento del Consiglio islamico della rivoluzione. Egli si era appropriato dell’intera autorità morale della rivoluzione, togliendo ogni potere di decisione al governo civile di Mehedi Barzagan.
La mobilitazione popolare continuava ed era orientata dai comitati politico-religiosi e organizzata dai pasdaran, il braccio armato del partito khomeinista, sottraendola in tal modo al controllo del primo ministro provvisorio Bazargan.
In tale contesto il 30 Marzo 1979 si tenne il referendum per scegliere tra monarchia e repubblica e il 98% votò per la repubblica islamica, che venne proclamata il 2 Aprile. Nei giorni successivi fu varata una serie di leggi con cui si avviò il processo di re-islamizzazione dello stato: obbligo del velo per le donne, proibizione del gioco d’azzardo, della prostituzione e delle bevande alcoliche.
Venne inoltre introdotta la pena di morte per i reati morali, come l’adulterio e lo stupro, e per chiunque avesse assunto comportamenti non conformi la shari’ah, la legge divina. Per controllare l’osservanza delle nuove norme venne costituito il corpo armato dei Guardiani della Rivoluzione.
In pratica i pasdaran, che formavano la milizia del PRI, diventarono un’istituzione della repubblica. Il richiamo dell’imam sull’applicazione delle leggi fu inequivocabile e perentorio: “il popolo ha voluto la Repubblica islamica e tutti debbono accettarla. Chi non ubbidirà, sarà annientato.”
In Agosto un comitato di esperti, molti dei quali vicini al Partito rivoluzionario iraniano, iniziò a redigere una costituzione che doveva instaurare una teocrazia e affidarne la Guida Suprema (faqih)) a Khomeini.
Le minoranze (quella politica dei liberali, quella nazionale e religiosa dei curdi, quella sociale e culturale della borghesia laica), che avevano partecipato alla rivoluzione, cercarono di opporsi alla dittatura degli ayatollah e qualche gruppo boicottò lo stesso referendum, ma furono tutte represse con la massima durezza entro l’autunno.
Il Consiglio islamico della rivoluzione, istanza legislativa suprema, intraprese in nome dell’antimperialismo una politica economica diretta innanzitutto a contrastare gli interessi americani in Iran.
Anche per questo nazionalizzò le banche, le assicurazioni e molti altri settori economici e in Settembre assunse il controllo dell’industria petrolifera.
*Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia