La musica nostra “compagna di viaggio” Da sempre il suono ha accompagnato l’umanità: com’è cambiata nel tempo la percezione

La musica accompagna l’umanità sin dagli esordi della sua storia: l’attenzione al suono, l’assegnare un significato a quanto sentiamo, è un processo naturale che serve alla sopravvivenza. Ma nel momento in cui un suono viene riprodotto coscientemente – a partire da quello più facilmente producibile, il rumore della percussione –, l’aspetto intenzionale del gesto si traduce nella creazione di un nuovo linguaggio, che può essere indirizzato e adoperato per comunicare.
A differenza del linguaggio discorsivo, tuttavia, la musica agisce su livelli non esprimibili in modo chiaro e cristallino, e non è forse un caso se si vanno perdendo l’interesse e la passione per musiche soltanto strumentali, prive di testo di accompagnamento: la musica sinfonica è un’esperienza complessa, perché se è vero che essa può agire indipendentemente dalla conoscenza o dall’esperienza dell’ascoltatore, influenzando sfere emozionali inconsce, è altrettanto vero che una fruizione di questo tipo va accostata e allenata, e che il contesto attuale non aiuta ad avvicinarsi a questo tipo di espressione artistica. Che però l’orecchio contemporaneo sia allenato, in qualche modo, a percepire una musica come “bella”, in senso molto ampio, è testimoniato dal fatto che musiche provenienti da altre epoche, o artificialmente composte per rompere gli schemi tradizionali – com’è il caso della musica dodecafonica, o ancora dei tentativi provocatori futuristi – non rispondano al gusto generale dell’ascoltatore.
Questo avviene perché, a qualsiasi livello di conoscenza tecnica musicale, l’uomo contemporaneo ha assorbito in sé il concetto di armonia, il concetto di accordo, ossia di una corrispondenza equilibrata tra le note che non sempre è esistita, e non sempre nello stesso modo.
Ma se la percezione cambia, cambia anche la funzione della musica: in tempi antichi, e con strascichi anche al giorno d’oggi, la musica ha avuto primariamente funzione rituale e portata spirituale.
Nelle comunità primigenie, la musica era prerogativa dello sciamano, dello stregone, di colui che tramite la produzione di suoni era in grado di mettere in contatto livelli del reale differenti, di interagire con mondi non visibili.
Nonostante se ne sia forse perso il senso e la consapevolezza, ancora oggi il canto nelle chiese eredita il profondo significato di elevazione che la musica nasce per veicolare, e non è ancora un caso che grandi teologi e mistici abbiano composto testi per musica sacra, come, ad esempio, Tommaso d’Aquino. La mercificazione della musica, come di tutte le cose, priva l’oggetto del suo contenuto, e riconoscere l’impatto che la musica, ascoltata e non sentita, può avere, sarebbe un passo indietro che condurrebbe senz’altro a farne due in avanti.

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