“Mio marito è stato tradito”. Queste le parole di Zakia Seddik, moglie del defunto ambasciatore. Già nel 2018, quando è arrivato in Congo, Attanasio aveva chiesto alla Farnesina maggiore protezione: quattro poliziotti invece che due e un mezzo blindato, richiesta non accolta dal Ministero degli Esteri, il quale, dopo aver inviato un ispettore a valutare la fondatezza della richiesta, ha negato un rafforzamento della sicurezza all’ambasciata italiana in Congo. Il dicastero, a seguito dell’indiscrezione, non ha né smentito né chiarito l’accaduto. Sicuramente non mancheranno ulteriori polemiche a seguito di quanto accaduto, considerata anche la comprovata pericolosità del sito. “Luca – continua la moglie intervistata dal Messaggero – è stato tradito da qualcuno molto vicino a noi, alla nostra famiglia. Quella mattina la sua era un’operazione che non implicava direttamente il suo lavoro di ambasciatore”. Lo stesso giorno della sua morte Attanasio, al mattino, aveva richiesto un mezzo nuovo “perché quella in uso aveva avuto problemi meccanici”.
LE INDAGINI. Dalle indagini sull’arma del carabiniere emerge che la sua pistola non ha sparato nessun colpo. Attanasio e Iacovacci, infatti, sono stati coinvolti nella sparatoria tra i ranger che proteggevano il convoglio e i banditi di Nord Kivu. Lo scopo di chi sta svolgendo le indagini, ora, è quello di verificare se l’ambasciatore sia stato tradito, come crede la moglie, e scoprire se qualcuno all’interno dell’ambasciata possa aver reso noto il percorso di Attanasio e avvisato i rapitori. Per questo motivo sarà importante l’analisi del tablet che è stato trovato nella jeep del convoglio del diplomatico. Come è ormai noto, insieme all’ambasciatore viaggiava anche un gruppo di funzionari ONU che si occupava del WFP (World Food Programme). In particolare era presente l’italiano Rocco Leone che è riuscito a salvarsi dalla sparatoria.
E L’ONU?. La Farnesina non è la sola, però, a doversi assumere le proprie responsabilità. Infatti, il Ministero ha chiesto conto di quanto successo all’Onu visto che, da ormai vent’anni, era attiva la missione Monusco. Progetto che doveva osservare l’evolversi della difficile situazione del Congo, soprattutto nelle terre del Nord Kivu, teatro di guerre che il monocolo mediale non narra, ma che sono all’ordine del giorno. Come già affermato, insieme all’ambasciatore viaggiavano rappresentanti dell’Wfp, ente collegato all’Onu, e proprio per questo cI si chiede perché non ci fosse una protezione adeguata alla missione. Il modus operandi delle missioni Onu, in contesti difficili e ostili, è quello di rinunciare a scorte numerose onde evitare di attirare l’attenzione dei civili. Sorge spontanea, però, una domanda: se al posto di Attanasio ci fosse stato un ambasciatore inglese o americano, cosa sarebbe successo?
Una risposta, anche se con protagonisti diversi, è data dai fatti di cronaca del medio oriente che hanno visto il Presidente Usa, Joe Biden, autorizzare un raid aereo in Siria contro le forze filo iraniane, ree di aver attaccato le basi americane. Certo è che la morte di Attanasio rappresenta una ferita aperta per il popolo italiano e che faticherà a rimarginarsi, soprattutto per la richiesta che aveva fatto nel 2018:”rafforzatemi la scorta”.
Christian Gaole