La malattia mentale riguarda tutti Non è un argomento che riguarda “gli altri” ma un tema che riguarda l’esistenza

Erving Goffman introduce il concetto di stigma nel 1963 con l’opera “Stigma: Notes on the Management of Spoiled Identity”, testo portante della sociologia della devianza. Il termine “stigma” proviene dall’antica Grecia e riguardava un marchio con cui venivano marchiati gli schiavi o i criminali Goffman considera lo stigma un attributo screditante che dequalifica l’individuo e lo segna per la vita. La letteratura scientifica mondiale evidenzia, che le persone colpite da patologia mentale vengono spesso private della dignità stessa di malattia, rifiutate, discriminate, stigmatizzate quindi. Tale perdita di status è causata dal legame erroneamente percepito tra la persona e la loro patologia e come se non fosse sufficientemente dannoso, lo stigma spesso si allarga e si estende a macchia d’olio alle persone vicine. Tali esperienze discriminatorie infatti, spesso riguardano non solo i pazienti, portatori del sintomo di malattia mentale, ma anche le loro famiglie e oltre, fino alla loro comunità di appartenenza. Il processo tramite il quale avviene questo passaggio è lo “stigma di cortesia o associativo”. Si tratta di stereotipi, senza fondamento alcuno, che si sono trasmessi e consolidati nel tempo e che purtroppo non si è ancora riusciti completamente a sradicare. Un recente studio, effettuato da un gruppo di ricercatori della Columbia University, ha evidenziato che su un campione intervistato, formato da genitori e partner di pazienti psichiatrici, la metà aveva cercato di nascondere il problema psicologico del loro caro. La ragione riferita, in seconda battuta, di tale scelta era l’aver già sperimentato in prima persona l’incomprensione e presumibilmente il non voler rivivere una sorta di rifiuto sociale dal prossimo. Eppure, se teniamo conto della stima che circa il 50% della popolazione sperimenterà probabilmente durante la propria vita un episodio legato a un disturbo mentale, ad esempio di ansia o di depressione, il dato successivo che se ne ricava è che ognuno conosce qualcun altro che sta vivendo o ha sofferto di un problema emotivo. Se scendiamo quindi dal dato alla realtà, dagli studi alle relazioni che intrecciamo, diveniamo consapevoli che la malattia mentale non è un argomento che riguarda “gli altri” ma un tema che riguarda l’esistenza. Questa nuova consapevolezza ci dovrebbe aiutare a ripensare ai nostri stereotipi e a sviluppare un atteggiamento più aperto, tollerante e comprensivo nei confronti di una problematica che è tutt’altro che astratta e che necessita di divenire accettata.

Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta