Dopo due stagioni all’insegna del minimalismo scenografico, nel 2022 le tradizionali e monumentali scenografie areniane tornano protagoniste e si integrano nello spazio architettonico dell’anfiteatro veronese.
Le rappresentazioni all’interno dell’Arena, fin dagli esordi, devono il loro successo all’utilizzo di una modalità scenografica decisamente particolare, incentrata sulla capacità di sfruttare elementi visivi di grandi dimensioni inseriti in un monumento a dir poco maestoso. Non a caso, ancor oggi, le opere che meglio si legano a questo singolare stile si definiscono “areniane”.
Per le due serate di apertura di quest’anno si sono ripresi e rinnovati gli allestimenti già firmati da Franco Zeffirelli con Carmen nel 1995 e con Aida nel 2002. Nella prima serata l’omaggio al regista fiorentino inizia con un allestimento colorato di Carmen che integra gli elementi scenici del progetto originario con nuovi bozzetti disegnati nel tempo da Zeffirelli e mai messi in scena fino a oggi.
La storia dell’amore illegittimo tra la zingara Carmen e il brigadiere Don José, grazie alle questioni etniche e di genere trattate, rimane attuale nel tempo e riporta alla vita frenetica di Siviglia, alle sue case ammassate e ai suoi tanti personaggi.
Anche nella seconda serata la scenografia si lega al lavoro di Zeffirelli, con un’Aida caratterizzata da colore e grande impianto scenico. La vicenda della protagonista, figlia del re etiope, schiava in Egitto, viene rappresentata con scene dipinte e cariche di elementi, ambienti diversi, giochi di luce capaci di evocare atmosfere suggestive.
Queste due esperienze testimoniano, in modo esemplare, l’idea degli spettacoli areniani concepiti come prototipi in perenne evoluzione nei quali la maestria delle tante professionalità coinvolte permette di enfatizzare gli elementi caratteriali ed estetici dei personaggi proposti e dei temi trattati. Rimanere fedeli a una precisa regia e mettere in scena grandi rappresentazioni, con scenografie plastiche, capaci di far interagire elementi visivi e sonori, è un duro lavoro che coinvolge svariate creatività.
In quest’arte, come in ogni progettualità visiva, il contributo delle luci ricopre un ruolo fondamentale e consente all’occhio di chi osserva di “muoversi”, a volte lentamente, altre in velocità, da uno stato luminoso all’altro. La distribuzione delle luci suggerisce il corretto percorso visivo, aiuta a svelare il movimento narrativo e definisce l’atmosfera capace di influenzare lo stato d’animo di chi osserva e partecipa.
Ogni rappresentazione ha regole e stili propri e la qualità dell’illuminazione scenica, in base alla sua concentrazione e diffusione, dona intensità e conferisce profondità.
La luce, sul palcoscenico e nella vita, diventa lo strumento essenziale per guidare l’attenzione, rivelare le forme e aiutarci a percepire gli elementi visivi nei loro reciproci rapporti di interdipendenza.
Anche grazie alla luce, la magia dello spettacolo areniano risulta un’esperienza emotiva ed estetica capace di trasmettere, da quasi cento anni, a tutte e a tutti noi, tanta bellezza.
Chiara Antonioli