Si accendono i motori per uno dei Gran Premi di auto d’epoca più belli d’Italia, il GP Terre di Canossa, dal 14 al 17 di aprile vedremo sfrecciare sulle strade dei Canossa (dall’Emilia alla Toscana) vetture storiche uniche.
Il Museo Nicolis parteciperà con una rarissima Lancia Lambda VIII serie del 1928, la prima vettura al mondo di serie con telaio e struttura portante, capolavoro di Vincenzo Lancia.
“Partecipare ad un evento è sempre una grande ed entusiasmante sfida” dice Silvia Nicolis, Presidente del Museo “ma dietro ad una prestazione sportiva motoristica c’è sempre il complesso lavoro del Meccanico, la figura oggi meno nota, sicuramente la più determinante per la vita dell’auto d’epoca”.
Fare in modo che la macchina arrivi al traguardo e che vinca la corsa. Non sono due obiettivi logica conseguenza uno dell’altro, ma piuttosto i due aspetti contrastanti, apparentemente inconciliabili, del lavoro del meccanico; per arrivare in fondo, soprattutto nelle prove massacranti come la Mille Miglia o la Targa Florio, tanto per citare due esempi noti anche a chi non è appassionato di automobilismo, servono grande affidabilità, che di solito si ottiene rinunciando a qualcosa in termini di prestazioni di punta, e la sensibilità del pilota per non forzare troppo la meccanica, tanto più se si tratta di vetture d’epoca, come la Lancia Lambda del Museo Nicolis schierata al via del Gran Premio Terre di Canossa.
Per vincere la corsa, però, occorre andar più forte di tutti e, magari, far finta in certe occasioni di non sentire il fuorigiri del motore. La Lambda è robusta, si sa: è un capolavoro della tecnica e dell’innovazione automobilistica italiana, una Lancia di quelle che non avevano concorrenti ai loro tempi, tanto era moderna rispetto alle altre vetture. Probabilmente non la più veloce, per quello in Italia c’era l’Alfa Romeo 6C 1750, ma in grado di tenere una velocità costante vicina a quella massima per molti chilometri. Già; questo Luca lo sa, però le primavere sulle spalle della Lambda sono tante. Non le contiamo per rispetto verso la signora di classe che è, ma al pensiero di farle correre una gara come il Terre di Canossa c’è da non dormirci la notte. Un tempo, quando le corse in auto erano quasi atti d’eroismo, il meccanico stava a fianco del pilota, pronto a intervenire per qualsiasi necessità. Soffriva con lui, anzi di più, perché il pilota pensa a correre più degli altri, ma non sempre conosce a fondo l’automobile e capisce se la sta forzando oltre il tollerabile o no. Il meccanico invece nota ogni rumore, ogni sibilo e sa se la sua “creatura” sta soffrendo e quanto. In cambio, c’era una fetta di notorietà. Negli annali, accanto al nome del pilota, rimaneva e rimane anche il suo. Quello di un uomo troppo sensibile per rischiare l’integrità della macchina e che spesso solo per questo non è stato in grado di trasformarsi in pilota lui stesso. Ma anche quello di chi si è inventato in pochi attimi una soluzione impensabile per risolvere un problema e riprendere subito la gara. Dopo gli anni eroici delle corse, ai meccanici viene imposto di scendere dalle vetture. Fine del momento di gloria e impegno ancora maggiore, perché la macchina a quel punto deve cavarsela da sola, fino al traguardo. Per il meccanico diventa importante anche interpretare i desideri del pilota e cercare di preparargli la vettura nella maniera a lui più congeniale, privilegiando le caratteristiche preferite da chi la porterà in gara. Questo aspetto è ancor più importante per i driver delle auto storiche, che spesso instaurano un rapporto di assoluta fiducia con il proprio meccanico, che nel tempo impara a conoscere i pregi e le debolezze sia del pilota sia della vettura e a conciliarli per ottenere il miglior risultato possibile nelle competizioni. Il rapporto costante fra la macchina e il suo meccanico è fondamentale per le gare storiche, in quanto le meccaniche di una volta, prive dell’elettronica che fissa parametri invariabili e caratterizzate invece da tolleranze e differenze fra i vari esemplari di uno stesso modello dovute al montaggio manuale (se non addirittura artigianale) del tempo fanno sì che ogni vettura sia quasi un caso a sé, con le proprie specifiche e con i propri umori, verrebbe da dire.
“E poi il meccanico delle auto d’epoca deve conoscere procedure e apparecchiature ormai scomparse da decenni” afferma Luca, il meccanico del Museo Nicolis “chi fra i meccanici più giovani sa come si registrano i raggi di una ruota o come si fa partire un’auto con la manovella? Oppure, semplicemente, sa cos’è il cicchetto e quando si usa?”. Già; Luca queste cose le sa. E sa anche che deve controllare la “sua” Lambda con amore e con pazienza, perché lei ricambi le attenzioni arrivando al traguardo senza inconvenienti. La differenza, forse, sta tutta qui: con le auto di oggi le attenzioni e l’affetto non contano più.