Con lo scoppio della guerra in Ucraina, il rischio geopolitico è entrato a tutti gli effetti nelle nuove linee guida di gestione dei conti pubblici in Europa, e dal prossimo anno andrà ad affiancarsi alle regole originarie del Patto di stabilità (sospese dal 2020).
Dal prossimo anno non verrà quindi applicata la regola (frutto della disciplina antecedente allo scoppio della pandemia) che avrebbe imposto la riduzione del debito pubblico al ritmo di un ventesimo l’anno: tale regola per l’Italia avrebbe comportato un percorso forzato all’insegna di provvedimenti restrittivi, tagli e aumenti dell’imposizione fiscale, in netta controtendenza rispetto alla necessità assoluta di stabilizzare il sentiero di crescita dell’economia.
Dopo l’ottimo risultato del 2021, con il Pil a +6,6% e il debito al 150,4%, già quest’anno occorrerà fare i conti con la frenata imposta dal combinarsi di diversi fattori: l’impennata del costo dell’energia e delle materie prime, l’inflazione che viaggia al 5,7%, e ora l’impatto dell’invasione russa in Ucraina.
Impensabile tornare alle vecchie regole, ma da Bruxelles giunge un invito a «politiche di bilancio equilibrate»: nessuna procedura per debito eccessivo, nessuna raccomandazione di tipo quantitativo, ma prudenza sulla spesa corrente che dovrà combinarsi «con il necessario sostegno agli investimenti».
Andrà ricalibrato l’impatto sull’intera eurozona dell’aumento esponenziale del costo dell’energia, delle sanzioni imposte alla Russia, dell’inflazione. Prezzi elevati e inflazione permarranno per un periodo più lungo del previsto ed è un impatto sull’economia «che si farà sentire a livello di finanze pubbliche».
Poter disporre di maggiore flessibilità nel percorso di rientro dal debito, con l’attivazione delle nuove circostanze eccezionali determinate dalla guerra in Ucraina, potrà certamente consentire al nostro Paese di ricorrere (se pur in misura contenuta) a nuovo deficit per far fronte all’impatto della crisi. Tutto dipenderà dall’impatto che si avrà sul fronte della crescita. Le stime andranno aggiornate con il nuovo DEF: se la revisione al ribasso si limiterà ad alcuni decimali rispetto al 4% stimato prima dell’esplodere della crisi, non sarà un gran problema.
Diverso lo scenario se l’impatto sulla crescita dovesse risultare più marcato. In questo caso, pur potendo fruire di maggiori spazi di manovra grazie alla proroga della sospensione del Patto di stabilità o comunque alla maggiore flessibilità già in qualche modo anticipata dalle nuove linee guida della Commissione, il ricorso a nuovo indebitamento dovrà essere attentamente calibrato. Si potrà eccedere dalla previsione di deficit fissata al momento a -5,6%, ma solo di qualche decimale, per non porre a rischio un percorso di rientro dal debito che, se pur con maggiore gradualità, andrà comunque garantito.
Marco Vantini