La guerra del Sinai (29 Ottobre – 7 Novembre 1956) fu il secondo conflitto arabo-israeliano e coinvolse direttamente nello scontro l’Egitto, per la parte araba, e Israele con l’appoggio di Francia e Gran Bretagna. La breve durata del conflitto dipese dal deciso e repentino intervento di Stati Uniti e Unione Sovietica che, concordi, sebbene mossi da differenti ragioni e obiettivi, imposero dopo pochi giorni il cessate il fuoco a Israele e bloccarono sul nascere l’intervento armato di Francia e Gran Bretagna.
La guerra era scoppiata a seguito della cosiddetta “crisi di Suez”. Gamal Abdel Nasser, presidente dell’Egitto da Giungo e deciso a dare un forte impulso all’economia del paese, il 26 Luglio annunciò la nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez, società anglo-francese, dopo che la World Bank americana gli aveva negato il finanziamento per la costruzione della diga di Assuan. La sottrazione della proprietà della Compagnia, che era amministrata in gestione congiunta dai governi di Londra e Parigi, aveva per Nasser uno scopo non solo economico e rispondeva nel contempo a un chiaro disegno politico: “dimostrare agli arabi di ogni luogo la serietà del suo impegno contro gli europei”, come rileva lo storico Arne Westad. La Francia, infatti, si trovava in una fase di forte tensione in quel periodo con il colonnello egiziano, perché stava aiutando i ribelli indipendentisti nella guerra di Algeria. La reazione dei due stati europei fu immediata e coinvolse Israele, che si stava allertando per la mossa del rais, poiché il traffico marittimo israeliano era impedito dal blocco del canale di Suez e dello stretto di Tiran. Inoltre il confine egizio-israeliano era diventato alquanto instabile per le continue incursioni di fedayn, da un lato, e le rappresaglie dei soldati israeliani, dall’altro. Gli emissari dei tre governi concertarono un’operazione militare, denominata kadesh, in un incontro segreto a Sévres (22-24 Ottobre 1956). L’accordo prevedeva, in sintesi, che Israele avrebbe attaccato l’Egitto nel Sinai dopo tre giorni dalla firma del protocollo con l’obiettivo di raggiungere il giorno successivo la zona del canale; Francia e Inghilterra sarebbero intervenute con il pretesto di dividere i combattenti allo scopo di riottenere il controllo del canale e Israele di conquistare il Sinai. Il 29 Ottobre 1956 l’esercito israeliano, guidato da Moshé Dayan, sferrò l’attacco nel Sinai, avanzando fino a Sharm el-Sheikh, e occupò la Striscia di Gaza, travolgendo in solo tre giorni le difese egiziane.
Nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i Britannici e i Francesi posero il veto alla risoluzione, sostenuta dagli Stati Uniti, che chiedeva la fine dell’invasione israeliana, e rivolsero un appello a Israele e all’Egitto affinché si ritirassero entro 16 km dal canale di Suez. Di fronte al rifiuto dell’Egitto, Inglesi e Francesi lanciarono la propria invasione per proteggere la zona del Canale con il pretesto di separare le forze egiziane e israeliane. A quel punto intervennero Eisenhower e Kruscev, che vietarono a Francia e Gran Bretagna di procedere nell’attacco, imponendo, de facto, la fine della guerra. Le vecchie potenze coloniali del continente europeo dimostrarono che non avevano più alcun potere militare nel mondo senza l’avallo di una super-potenza.
La guerra del Sinai, a differenza del primo conflitto arabo-israeliano (1948-49), non ebbe alcuna conseguenza sull’assetto territoriale, che rimase immutato, ma segnò la fine di un ruolo politico indipendente, sul piano internazionale, delle due ex potenze coloniali europee. Chi ottenne i maggiori vantaggi dalla guerra fu senza dubbio l’Egitto di Nasser, nonostante avesse subito una rovinosa sconfitta militare. L’8 Dicembre, infatti, gli israeliani lasciarono il Sinai e nel Marzo 1957 restituirono la Striscia di Gaza, che l’Egitto aveva arbitrariamente annesso nel 1948.
Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia