La Grande muraglia tra mito e realtà La costruzione cinese è diventata negli anni simbolo di una civiltà conservatrice

La Grande muraglia cinese è una delle Sette meraviglie del mondo moderno, dichiarata patrimonio dell’umanità Unesco nel 1987. Si tratta di una serie di fortificazioni che si estendono per circa 22000 chilometri stimati; proprio la sua lunghezza ha alimentato la leggenda che sia l’unica opera umana visibile dallo spazio, sebbene in realtà la larghezza di una decina di metri non permetta la visione già da un centinaio di chilometri nello spazio a causa della capacità di risoluzione dell’occhio umano. Sebbene sia immaginata come una fortificazione continua che si snoda come un dragone dal Golfo del Liaodong, a est, fino alla frontiera dello Xinjiang, la più vasta e arida regione del Paese, a ovest, i tratti di muraglia che sono oggi visitabili sono solo una parte della linea difensiva che comprendeva in realtà anche terrapieni, torri di avvistamento, fortini, basi logistiche e alloggiamenti militari, le cui tracce sono andate perdute con il tempo. La Grande muraglia è divenuta però il simbolo di una civiltà cinese conservatrice, grandiosa ma immobile. Questo mito è stato incoraggiato anche dalla presunta antichità dell’opera difensiva, la cui costruzione fu iniziata secondo la leggenda da Qin Shi Huangdi, unificatore della Cina nel III secolo a.C., per tenere lontani i popoli nomadi che scendevano dalle steppe eurasiatiche. Tuttavia, non si tratta di un progetto architettonico unitario portato avanti dagli imperatori nei secoli; sarebbe infatti meglio parlare di “muraglie”, che effettivamente furono edificate nell’arco di millenni, prima e dopo l’unificazione, a opera di diverse dinastie. Il Regno di Mezzo, nome alternativo dell’Impero cinese in quanto si pensava che la Cina fosse al centro del mondo, ebbe per giunta rapporti differenti con gli stessi nomadi: basti pensare che la dinastia Yuan, che regnò tra il 1279 e 1368, discendeva direttamente da Gengis Khan e dalle sue tribù mongole che tanto avevano terrorizzato l’Europa. In particolar modo durante la dominazione mongola la separazione tra il Celeste Impero e le steppe a nord non avrebbe avuto significato, quindi è probabile che le fortificazioni non avessero la struttura imponente che siamo abituati a immaginare: non a caso il visitatore Marco Polo, giunto in Cina proprio in quel periodo, non nomina assolutamente la Grande muraglia. Con la caduta della dinastia mongola a favore dei Ming, invece, si ripresentò il problema della politica estera cinese: come reagire alle minacce delle incursioni nomadi, soprattutto mongole e tartare? Lo scontro militare vide una grave sconfitta cinese nel 1449, in cui l’imperatore stesso fu catturato; al contempo i custodi della tradizione cinese erano avversi allo scambio pacifico. Fu così che si sentì la necessità di sigillare i confini, e proprio al XVI e XVII secolo risalgono gli imponenti bastioni di pietra visitati e fotografati da milioni di turisti.

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