La Galleria d’Arte Moderna di Verona (GAM) Achille Forti seguendo l’esempio di altre realtà veronesi, quali il Museo di Castelvecchio, la Fondazione Miniscalchi-Erizzo e il Museo Lapidario Maffeiano, è recentemente approdata su “Google Arts & Culture”, piattaforma internazionale on line di condivisione dell’arte. Lo spazio virtuale, grazie al contributo di oltre duemila istituzioni, musei e teatri di ottanta Paesi diversi (dal MoMa di New York alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, dalla Reggia di Versailles al Colosseo di Roma), consente l’ingresso a eterogenei siti storici e a percorsi espositivi tematici con l’intento di raccontare, ampliare e “democratizzare” la cultura in tutto il mondo. Con pochi intuitivi e semplici passi è possibile immergersi nell’arte e scoprirne i segreti. Per la GAM si tratta di rendere accessibile, a una platea molto vasta di persone, un patrimonio visivo di oltre duecento immagini digitalizzate (tra tele, metalli e sculture) con l’obiettivo finale di “mettere in rete” tutte le opere del Museo. Nella collezione sono presenti capolavori quali l’iconica “Meditazione” di Francesco Hayez, la “Natura morta sul mare” di Emilio Vedova, i “Fiori” di Mario Mafai uniti al lascito di dipinti e fotografie di Angelo Dall’Oca Bianca, alla raccolta di artisti veronesi riuniti intorno alla figura di Felice Casorati e a varie acquisizioni, donazioni e comodati.
L’esplorazione nella piattaforma “Google Arts & Culture” permette di organizzare la visualizzazione per tipologia, periodo di creazione e colore prevalente. L’esperienza virtuale al GAM è organizzata anche in “storie” pensate per unire la narrazione visiva alla scrittura creativa e poter maggiormente comprendere il significato delle immagini, svelarne gli aneddoti e ricercare gli elementi che hanno ispirato le creazioni. Questa diversa proposta di fruizione si affianca all’approccio museale tradizionale ma modifica la modalità di raccontare, concepire e accostarsi alle opere. I contenuti digitali sono fruibili gratuitamente, visitabili in qualunque momento e destinati non solo a chi frequenta con regolarità musei e gallerie.
L’esperimento cambia il contesto comunicativo ma riforma anche totalmente il “modo di vedere” suggerendo un’idea nuova di “accessibilità” rivolta a un pubblico più ampio e costituito, in parte, da persone che, forse per difficoltà economica o scarso interesse, senza una simile possibilità non godrebbero mai di una visita museale. L’esercizio narrativo che si crea fa leva sulla comodità e sull’economicità offrendo, nel contempo, una tecnologia aperta a una straordinaria qualità visuale, con un accesso a particolari che neppure l’esperienza “dal vivo” potrebbe consentire. Si tratta non tanto di un “surrogato di realtà” ma di una “visione ippereale”, diversa ma comunque espressiva e, per alcuni aspetti, perfino più nitida e contrastata della realtà stessa.
Ne esce una narrazione nuova, ulteriormente capace di sollecitare la curiosità, collegare le storie ad altre storie, aprire la fantasia di chi osserva. Con tali strumenti il racconto visivo diventa un mezzo per condividere che induce ad apprendere e a riflettere su contenuti inediti.