La figura della filosofa e matematica Ipazia, di per sé poco nota al di fuori del circolo di studiosi e specialisti della filosofia ellenistica della tarda antichità, è però singolarmente molto conosciuta al grande pubblico grazie al film Agorà, che narra non solo la vita e l’insegnamento di questa importante personalità dell’Alessandria del IV-V secolo dell’era moderna, ma anche il clima politico, culturale e religioso che vigeva in quel centro di cultura, forse la massima riserva di sapienza del mondo antico.
Occorsa da due giorni la festa della donna, vale la pena ritornare su una figura femminile, tra le molte, che sia i contemporanei che la storia hanno teso, se non a dimenticare, certamente a ridimensionare indebitamente.
Questo porta a riflettere anche sul senso stesso della festa della donna: una ricorrenza che, come tale, rischia di sclerotizzare le problematiche e le rivendicazioni sottese a un movimento di emancipazione, troppo spesso soffocato sotto il profumo di un mazzo di mimose, gesto simbolico ma, in definitiva, poco utile. Ciò che importa, invece, è che la festa della donna non deve essere una celebrazione, ma un promemoria della lotta per i diritti delle donne lesi nella storia, e ancora oggi troppo spesso ignorati o repressi, forse in modi meno aperti, ma certamente non meno presenti, pressanti e preoccupanti.
Di Ipazia non ci rimane alcuno scritto, ma è nota la sua importanza grazie alle testimonianze di suoi allievi, che ne riconobbero l’influenza e che pure sono assai più celebri di lei: uno fra tutti, il neoplatonico Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide.
Ma, al di là del suo pensiero, la figura di Ipazia è importante in senso paradigmatico. Ipazia fu pagana, matematica, astronoma, filosofa, in un’Alessandria attraversata da conflitti politici e religiosi per l’affermazione montante del cristianesimo.
I decreti emessi dall’imperatore Teodosio tra il 391 e il 392 avevano proibito i culti pagani, e già alcuni edifici erano stati trasformati in chiese e cattedrali; il clima di tensione giunse però al culmine con la distruzione del Serapeo, il tempio più importante della città, e della biblioteca.
. Ipazia stessa venne uccisa da un gruppo di fanatici cristiani, e le versioni sulle modalità e le motivazioni variano a seconda della parte tenuta dal cronista. Inutile dire che, da parte cristiana, venne espressa l’accusa che sarà poi ricorrente nella storia, e che mostra la persistenza di quella che oggi viene chiamata “questione di genere”: Ipazia sarebbe stata una maga, una strega, dedita a insegnamenti e riti satanici. Fu forse il seguito ottenuto dalla filosofa a spaventare i cristiani, o la combinazione di intelligenza e acume in un corpo femminile che si scontrava sinistramente con le istanze propugnate dai cristiani radicali. Fatto sta che Ipazia venne uccisa da parte di chi avrebbe dovuto, invece, riconoscerne l’importanza e di chi avrebbe dovuto propugnare, dottrinalmente parlando, la dignità dell’essere umano indipendentemente dal genere.
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